Mentre tutti aspettano le mosse della Fed e della Bce S&P lancia l’allarme Cina

A cura di Wings Partners Sim

Situazione piuttosto statica sui mercati in queste ultime giornate, con gli operatori che tornano a guardare con attenzione ai possibili sviluppi di politica monetaria. A questo riguardo le dichiarazioni della Yellen venerdì in occasione di una conferenza hanno curiosamente fatto ben poco per frenare l’ascesa del dollaro, pur avendo implicazioni estremamente espansive specie quando veniva citata l’opportunità di far “scaldare leggermente oltre i limiti” l’economia, chiaro segnale di una reticenza ad alzare i tassi troppo presto.

Un secondo ripensamento sulle possibili mosse della FED nel fine anno arriva dai dati macro di ieri, con un Empire State Manufacturing Index al di sotto delle attese che rafforza i dubbi sulla determinazione della FED malgrado le dichiarazioni di un altro membro votante nel FOMC, Fischer, siano state parecchio più incisive sulla necessità di normalizzare il costo del denaro.

L’effetto complessivo sui mercati valutari è stato piuttosto lieve, con il dollaro che si limita a tornare poco sopra quota 1,10 contro euro complici anche le parole di Draghi che hanno fatto intravedere la possibilità di un allungamento dell’attuale processo di quantitative easing da 80 mld di euro/mese prima che si inizi anche solo a pensare ad un tapering.

In termini di probabilità se le chances di un rialzo americano dei tassi a dicembre si attestano al 66%, quelle di un intervento espansivo della BCE entro dicembre salgono al 95%. Nel frattempo Wall Street inizia a guardare con apprensione anche ai potenziali esiti delle elezioni americane; una piena vittoria della Clinton infatti avrebbe anche l’effetto di consegnare la maggioranza parlamentare ai democratici, con i pro ed i contro del caso per un mercato che da anni prolifera proprio sui veti incrociati dei due schieramenti politici. Di fatto une predominanza democratica avrebbe sicuramente l’effetto di rafforzare le attuali regolamentazioni sui mercati.

Nel frattempo, Standard & Poor’s ha lanciato un segnale d’allarme sulla Cina, a rischio di downgrade rispetto al rating “AA” se non si troverà un modo per porre rimedio ad un’economia che cresce solo grazie ad un aumento della leva finanziaria. Infatti l’aumento del livello del debito continua a superare l’espansione degli introiti, per effetto del quale si vede il rischio Paese salire. Il downgrade sarebbe il prossimo passo dopo che S&P ha rivisto l’outlook del rating a negativo lo scorso marzo, citando la problematica di un rallentamento de lla crescita in concomitanza ad una salita dei rischi provenienti dal settore finanziario. L’economia resta inoltre altamente dipendente dall’aumento del deficit pubblico e dagli investimenti statali per supportare il PIL, un fallimento nella politica del Governo cinese di spostare il motore della crescita in direzione dei consumi privati.

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