Rame sugli scudi

Al London Metal Exchange il rame sta facendo faville: il metallo rosso è ormai sulla bocca di tutti dopo il violento rialzo delle giornate passate che ne ha condotto le quotazioni a superare gli 11.000 dollari per tonnellata.

Sebbene le performance del rame siano di fatto meno significative di metalli come nickel e stagno, un apprezzamento superiore al 25% da inizio anno per un contratto di questo spessore e importanza non può certo passare inosservato.

Che il rame avesse dei fondamentali solidi in relazione agli incrementi di utilizzo prospettici legati alla transizione energetica (e in parte seppur minore per l’implementazione futura dei data center legati allo sviluppo dell’AI) è cosa nota da tempo.

A far precipitare le cose e attirare gli interessi della speculazione invece il più importante shock sul fronte dell’offerta di concentrati nella storia avvenuto nel 2023 con una iniziale riduzione delle previsioni di produzione mineraria per il 2024 pari al 2,7% del totale (circa 600.000 tonnellate) poi riaggiornato al 4,2% (1.100.000 tonnelate) e con le evidenti ripercussioni sui premi pagati ai raffinatori di metallo, scesi in territorio negativo per la prima volta nella seppur lunga storia di questo metallo.

A peggiorare, e di molto, la situazione, la capitolazione dei ribassisti al Comex, che affossati dai margin calls si sono visti nella condizione di chiudere le posizioni in perdita o in alternativa consegnare materiale a fronte delle loro posizioni short.

Tuttavia il materiale nei magazzini americani manca (anche perché le recenti regole imposte dagli USA impediscono la consegna di materiale di origine russa o cinese, che rappresentano attualmente il 50% ed il 17% del metallo depositato all’omologo LME) il che di converso ha creato una elevatissima backwardation nelle scadenze a pronti sul CME con il contratto americano arrivato a quotare un premio superiore ai 1.200 dollari per tonnellata rispetto all’Lme.

E le azioni intraprese prima dal CME, e dall’LME, per arginare l’ordalia speculativa hanno di fatto solo peggiorato le cose: alzare i margini iniziali sul contratto del Rame (+500 dollari lotto al CME e da ieri +100 dollari per tonnellata all’LME) non mette certo in difficoltà i fondi di investimento, che cavalcano allegramente il rialzo, ma sicuramente crea più di qualche mal di testa ai detentori di posizioni short che da giorni rincorrono margin calls che si fanno ogni ora più consistenti.

A fronte di questo entusiasmo rialzista come detto, i fondamentali del metallo rosso sono promettenti, ma allo stato attuale non tali da guistificare una rincorsa al rialzo quale quella che stiamo vedendo in queste giornate.

Le importazioni cinesi (e ricordo che la Cina rappresenta circa il 50% dei consumi di rame globali) rimangono a sconto mentre i premi sui catodi nella zona dello Yangshan sostano in territorio negativo, non certo favoriti dal rialzo dei prezzi internazionali di queste ultime sessioni.

Le scorte globali di rame rimangono sui massimi pluriennali e se guardiamo lo SHFE le giacenze sono ben al di sopra della media quinquennale.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

 

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