Parola d’ordine: “investire per preservare il potere di acquisto”

Persino la banca centrale turca, che aveva stabilito un piano tutto suo per riportare l’inflazione sotto controllo, di recente ha deciso di alzare i tassi di interesse. Ben fatto. È iniziato il “grande ribilanciamento” dell’economia globale e i prezzi sono l’area in cui gli squilibri saltano subito all’occhio. Ecco perché è così importante che le banche centrali prendano una posizione chiara (con le parole e con i fatti) per cercare di ridurre le attese inflazionistiche.

Verosimilmente la Fed non manterrà a lungo la posizione attendista. Con tutta probabilità ha sospeso il rialzo dei tassi solo per placare il nervosismo dei mercati, che hanno bisogno di tempo per metabolizzare la crisi delle banche regionali statunitensi.

Al contempo gli investitori continuano a lottare contro le perdite di valore reali. Anche se il ritorno dei rendimenti in territorio positivo potrebbe rassicurare gli investitori, non è il caso di sedersi sugli allori. Anzi. Di fatto i tassi di interesse reali, cioè i tassi nominali rettificati per l’inflazione, hanno subito un nuovo netto ribasso. Consultando i dati storici a lungo termine si nota che solo raramente i tassi di interesse reali sono scesi in territorio negativo. Dobbiamo tuttavia risalire alla prima metà del XIX secolo per trovare tassi negativi così bassi. In altre parole: i rendimenti nominali sono tornati in territorio positivo, ma i rendimenti reali (corretti per l’inflazione) sono nettamente negativi1.

Naturalmente si potrebbe sostenere che anche questa fase passerà. Probabilmente i rendimenti nominali aumenteranno gradualmente, e l’inflazione sembra aver superato il picco. Il futuro andamento dell’inflazione sarà quindi fondamentale. Tuttavia sembra improbabile che l’inflazione media scenderà al target della BCE del 2% nel prossimo futuro. Ancora una volta, è utile dare uno sguardo al passato. In base ai nostri calcoli, occorre di norma molto tempo affinché l’inflazione torni a livelli modesti. Abbiamo analizzato i regimi di inflazione dei Paesi del G7 e non solo (Svizzera, Svezia, Norvegia, Danimarca, Nuova Zelanda, Hong Kong e Singapore) dal 1971, scoprendo che, in media, i tassi di inflazione sono scesi di circa la metà rispetto al picco dopo due anni dal livello massimo. Dopo cinque anni, erano scesi erano scesi a poco più di un terzo. L’inflazione sembra quindi destinata a durare a lungo.

Ma c’è dell’altro. Probabilmente una serie di potenti forze dirompenti contribuirà ad alimentare persistenti pressioni inflazionistiche latenti. La digitalizzazione consentirà di aumentare l’efficienza in seno all’economia e almeno in parte di sostituire i lavoratori (sempre più difficili da trovare) con la tecnologia, mentre l’andamento demografico, la decarbonizzazione (cioè gli sforzi per raggiungere la neutralità climatica) e la deglobalizzazione probabilmente spingeranno i prezzi al rialzo.

In tale contesto privilegiamo la seguente allocazione tattica in termini di azioni e obbligazioni:

  • Dal punto di vista degli investitori, l’inflazione durerà ancora per molto tempo. Di conseguenza, uno dei primi e più importanti obiettivi di investimento dovrebbe essere quello di preservare il potere di acquisto. In termini di allocazione a lungo termine/strategica, potrebbe essere ragionevole dare un peso maggiore alle asset class che possono offrire rendimenti reali positivi in un contesto caratterizzato da inflazione elevata.
  • La decarbonizzazione è ormai una necessità e la sostenibilità è già un trend di investimento consolidato. Tenere conto dei criteri di sostenibilità non significa necessariamente accettare rendimenti inferiori, come dimostrano molti paper accademici2.
  • Dal punto di vista tattico, potrebbe essere utile un approccio più cauto. Gli sviluppi sui mercati azionari non sono generalizzati, ovvero i rialzi delle ultime settimane si devono per lo più a una manciata di titoli. Il settore tecnologico gioca un ruolo predominante.
  • Al contempo, i mercati sembrano guardinghi. Sul fronte azionario il sentiment degli investitori è ancora debole in base al Sentix, e i mercati obbligazionari prezzano una recessione; basta guardare le curve dei rendimenti di Stati Uniti e Germania o area euro.
  • Ancora non si esclude del tutto una recessione negli USA attorno a fine anno. Potrebbe essere un segnale importante per la riduzione delle attese inflazionistiche della Federal Reserve.
  • Le prospettive di crescita, che probabilmente rappresentano ancora una zavorra per i mercati azionari, potrebbero invece sostenere le obbligazioni governative.

A cura di Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors

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