Petrolio e rimbalzo del rublo: non è tutto oro quello che luccica

A cura di Yann Quelenn analista di Swissquote
Dai minimi toccati a gennaio (quando occorrevano 82 rubli per comperare un singolo dollaro) alle quotazioni di questi giorni (65), il rublo potrebbe non avere esaurito la sua corsa al rialzo dovuta principalmente al rimbalzo dei prezzi del petrolio. Infatti le previsioni per lo scenario energetico russo risultano in miglioramento nonostante l’attuale surplus di produzione, poichè le aspettative di una maggiore domanda di petrolio per gli anni a venire costituiscono uno dei driver principali del movimento verso l’alto dell’oro nero. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Infatti, crediamo che il rapido riapprezzamento della moneta russa possa costituire un problema nel medio termine per le stesse esportazioni di petrolio, che verrebbero inevitabilmente danneggiate da un cambio in salita. Di conseguenza oggi la Banca Centrale Russa potrebbe provare ad indebolire la moneta abbassando il tasso di interesse al 10,50% poichè riteniamo che gli attuali livelli del rublo possano rappresentare un’opportunità per normalizzare la politica monetaria.
Gli effetti indesiderati sull’inflazione (sopra il 7%) verrebbero infatti controbilanciati dal rafforzamento dei prezzi sia del rublo che del petrolio. Ovviamente, mantenere un tasso di riferimento a doppia cifra non semplifica la vita ai banchieri e ai policy maker di Mosca e gli investimenti a lungo termine sono quelli che si ritrovano a risentirne maggiormente poichè il premio richiesto per mantenere la redditività di un investimento risulta molto elevato.
Confermiamo la nostra visione rialzista sul rublo (entro tre mesi crediamo che il cambio USDRUB possa tornare a 60) anche a seguito dell’atteggiamento di moderazione mostrato dalla Fed, che mette in evidenza tutte le difficoltà attuali dell’economia americana.

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