Calma in vista? La Cina, le materie prime e le banche centrali dominano le prospettive globali

A cura di Joachim Fels e Andrew Balls, PIMCO
Nessuno ha mai pensato che operare in un contesto di crescita nominale modesta e tassi d’interesse prossimi a zero o negativi sarebbe stato facile, eppure gli eventi che si sono susseguiti a partire dal primo rialzo dei tassi effettuato dalla Federal Reserve in dicembre dopo quasi un decennio hanno ampiamente superato l’immaginazione della maggior parte delle autorità monetarie, degli osservatori e degli investitori.
Non sono mancati pertanto gli argomenti di discussione quando i professionisti dell’investimento di PIMCO si sono riuniti nella sede di Newport Beach all’inizio di marzo in occasione del Cyclical Forum trimestrale per elaborare e aggiornare le nostre prospettive sull’economia e sui mercati per i prossimi sei-dodici mesi. Oltre ad ascoltare le analisi dei nostri comitati di portafoglio regionali operanti in diverse parti del mondo, abbiamo avuto la fortuna di udire le opinioni del neonato Comitato consultivo globale di PIMCO, presieduto da Ben Bernanke e composto da Gordon Brown, Anne-Marie Slaughter, Ng Kok Song e Jean-Claude Trichet, che ha tenuto la sua riunione inaugurale il giorno prima del forum.
Il periodo trascorso dal Cyclical Forum di dicembre 2015 è stato ricco di avvenimenti. Gli investitori sono in apparenza rimasti indifferenti dinnanzi al primo rialzo dei tassi della Fed, che era stato adeguatamente comunicato, ma la decisione dei leader cinesi di lasciar deprezzare rapidamente la valuta nei primi giorni dell’anno – forse anche in reazione all’intervento della Fed – ha provocato un brusco aumento dell’avversione al rischio sui mercati finanziari, che si è tradotto in un inasprimento significativo delle condizioni finanziarie globali. Il resto della storia è noto: il petrolio è crollato verso nuovi minimi, la Banca del Giappone (BOJ) ha sorpreso i mercati spingendo per la prima volta sotto lo zero il tasso d’interesse sulle riserve libere, e i titoli bancari e gli attivi di rischio più in generale hanno subìto un’altra marcata correzione. L’indicazione che la Banca Centrale Europea (BCE) avrebbe probabilmente ridotto nuovamente i tassi, che erano già in territorio negativo, ha contribuito alla sottoperformance del settore bancario europeo. Ciò è stato letto come il chiaro segnale di una progressiva perdita di fiducia dei mercati nella capacità delle banche centrali di sostenere i prezzi degli attivi, la crescita e l’inflazione, come hanno fatto a più riprese a partire dalla crisi finanziaria del 2008.
Ridimensionate le nostre aspettative sulla crescita globale e sulla Fed
I mercati azionari, gli indici obbligazionari e i prezzi del petrolio hanno recuperato terreno dai minimi di metà febbraio, grazie all’ancoraggio più stabile dello yuan cinese (CNY), alle previsioni di un approccio più graduale da parte della Fed e alle indicazioni che la BCE e la BOJ potrebbero aver avuto un ripensamento riguardo ai meriti relativi dei tassi d’interesse negativi, dopo averne scoperto i lati oscuri. Tuttavia, nonostante la calma registrata di recente sui mercati, durante il nostro forum siamo giunti alla conclusione che nel 2016 la crescita e l’inflazione nella maggior parte delle principali economie sarebbero risultate probabilmente pari o inferiori alle previsioni che avevamo formulato a dicembre, per via dell’indebolimento delle dinamiche economiche mondiali tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, nonché a causa dell’inasprimento significativo, benché temporaneo, delle condizioni finanziarie globali nei primi due mesi dell’anno.
La percezione generale emersa dal nostro forum è che quest’anno la crescita economica risulterà probabilmente ancora più irregolare, sottotono e fragile rispetto a quanto osservato negli ultimi sette anni. Abbiamo quindi ridotto di un quarto di punto le nostre previsioni sulla crescita del PIL reale globale per il 2016, portandole al 2-2,5%. L’espansione effettiva del PIL reale si è attestata al 2,8% nel 2014 e al 2,6% lo scorso anno, e noi riteniamo che tale rallentamento sia destinato a continuare.
Inoltre, avendo le banche centrali scoperto i limiti della divergenza delle politiche monetarie, divenuti evidenti nella forma di un eccessivo vigore del dollaro statunitense e della straordinaria influenza esercitata dalla Cina sulle decisioni della Fed per via dell’impatto negativo del deprezzamento del CNY sulle condizioni finanziarie, abbiamo concluso che la banca centrale statunitense avrebbe effettuato quest’anno solo uno o due rialzi dei tassi.
In effetti, durante la riunione di marzo del Federal Open Market Committee (FOMC) tenutasi dopo il nostro Forum, la previsione mediana dei membri del Comitato è stata ridimensionata dai quattro rialzi previsti lo scorso dicembre entro la fine di quest’anno a due soli ritocchi nel 2016, un dato molto più simile alle nostre previsioni. Tra l’altro, in linea con la nostra analisi, la Fed ha indicato negli sviluppi globali un rischio considerevole per le prospettive statunitensi.
Maggiori ostacoli per l’economia globale a velocità differenziate
Sotto la superficie di una crescita globale complessivamente lenta continua a celarsi un’economia mondiale eterogenea e a velocità differenziate. La divergenza delle dinamiche economiche e delle politiche monetarie continuerà a creare tensioni, volatilità, rischi e opportunità in abbondanza. Tuttavia, è probabile che in ogni parte del mondo la crescita del PIL nominale e reale e, pertanto, i tassi d’interesse rimangano nettamente inferiori alla media storica, proprio come previsto dalla nostra consolidata tesi di lungo periodo della Nuova normalità, che vede un’economia mondiale profondamente trasformata dopo la crisi finanziaria globale del 2008.
La Nuova normalità è caratterizzata sia da una bassa produzione potenziale, che da una carenza di domanda aggregata, dovuta agli elevati livelli di debito e al divario tra il risparmio desiderato e l’investimento desiderato a livello mondiale, ossia all’eccesso di risparmio globale. Tutto questo continua a rappresentare un ostacolo significativo per la crescita non solo nel nostro orizzonte di lungo periodo (tre-cinque anni), ma anche in quello ciclico (sei-dodici mesi). Inoltre, avvalora la previsione di tassi ufficiali “neutrali” contenuti che abbiamo descritto nello scenario della Nuova neutralità, un paradigma parallelo a quello della Nuova normalità, secondo il quale le politiche delle banche centrali tenderanno a convergere verso tassi neutrali più bassi di quelli prevalenti nei cicli precedenti.
A complicare la situazione intervengono le ulteriori difficoltà derivanti dalla crescente incertezza politica in diverse regioni: le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, l’ascesa del populismo in Europa, la crisi dei rifugiati, il rischio Brexit nel Regno Unito e l’instabilità del governo in Brasile e in altri paesi. I rischi politici sono difficili da quantificare, ma possono intaccare la fiducia dei consumatori e i cosiddetti “animal spirit” delle imprese, con un impatto potenzialmente non lineare specialmente se il risparmio desiderato è elevato e l’investimento desiderato è basso per altri motivi di natura più strutturale. Un osservatore molto esperto ha persino suggerito che la ragione principale della stasi dell’economia globale sia da ricercarsi nei “governi zombie” presenti in diverse parti del mondo.
La buona notizia? Nessuna recessione in vista!
Dopo aver soppesato tutti i fattori a nostro avviso non vi erano motivi di disperazione. Nonostante i molti venti contrari che potrebbero frenare la già fragile espansione globale a velocità differenziate, abbiamo stabilito che il rischio di una recessione dell’economia statunitense/mondiale nel nostro orizzonte ciclico di sei-dodici mesi rimane relativamente modesto, e certamente inferiore a quello scontato dai mercati azionari e obbligazionari nei primi due mesi del 2016. I nostri modelli previsionali e le discussioni avute durante il forum suggeriscono una probabilità di recessione non superiore al 20%.
Se è vero che l’espansione economica è interessata da un processo di invecchiamento, è importante ricordare che le fasi espansive non muoiono di vecchiaia, ma di solito terminano a causa di una combinazione di gravi squilibri e misure restrittive delle banche centrali. Attualmente non si scorge nessuno dei tipici segnali di un crollo imminente: né un eccesso di consumi, né sovrainvestimenti, né surriscaldamento, né interventi eccessivi da parte delle autorità monetarie. In breve, ci aspettiamo una prosecuzione dell’attuale fase espansiva (per un approfondimento, consulta la pubblicazione Macro Perspectives,La recessione del 2020“).

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