Cosa ha insegnato ai mercati finanziari il Covid (il passato è usato sperando appunto che sia passato)? Credo almeno cinque cose:
- I dividendi e i buyback, meccanismi di trasferimento di valore da un’azienda ai suoi investitori, agiscono come fattore di stabilizzazione durante i periodi di turbolenza del mercato. Anche se nell’ultimo decennio questa caratteristica si è indebolita crediamo che continuerà a rappresentare un importante fattore di crescita dei mercati (p.e. vedi il mercato USA);
- Le crisi di mercato non possono essere evitate. Quella causata dalla pandemia sul mercato azionario non è stata diversa da altre turbolenze (in media una ogni 18/24 mesi). Ovviamente nessuno avrebbe potuto prevedere una mutazione genetica come il Covid, ma sarebbe stato saggio aspettarsi che qualcosa sarebbe accaduto sui mercati finanziari e avrebbe sconvolto la fase rialzista del decennio precedente;
- Titoli growth o value? La risposta è ovviamente entrambi, ma al giusto prezzo di ingresso. Spesso ci si dimentica che sarebbe meglio comprare in fase di flessione dei mercati e vendere nelle fasi di euforia, accompagnando per quanto possibile il trend;
- L’andamento dei prezzi della materie prime spesso tende ad anticipare i movimenti dei mercati finanziari. Fra tutte, un ottimo indicatore è il rame, una materia prima con una elevata capacità di prevedere il trend dell’economia globale. A marzo il prezzo del rame ha toccato un minimo e ora segnala un’economia in forte ripresa;
- L’interpretazione della storia non è una scienza esatta a causa del fatto che essa non si ripete mai nei modi in cui ci si aspetta. Motivo questo per il quale occorrerà sempre di più adottare politiche economiche (monetarie e fiscali) non convenzionali, rompendo gli schemi che hanno condotto ad una flessione del benessere collettivo.
A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim