Mercati, ecco quando recupereranno terreno le mid e small cap di Piazza Affari

Non si può dire che il 2023 si stia rivelando un anno semplice per il mercato, visti gli aumenti improvvisi e oltremodo violenti dei tassi di interesse da parte delle banche centrali a cui abbiamo assistito. Un chiaro tentativo di opporsi alla progressiva perdita di valore del potere d’acquisto, in un mercato drogato e troppo abituato ad anni di denaro a costo zero.

In quiesto contesto, ecco di seguito la view di Thomas Avolio, Deputy Ceo e Principal di Redfish Listing Partners.

Come sempre accade in contesti di questo tipo, asset manager e gestori tendono a migrare i portafogli sovrappesando la componente fixed income rispetto alle posizioni sul mercato azionario, provocando aspri e violenti impatti su volumi e prezzi dell’equity.

Non solo. I primi a essere penalizzati in contesti macroeconomici di risk-off sono i titoli a bassa capitalizzazione. Siamo bloccati in un circolo vizioso che tende verso la liquidità.

Per fronteggiare riscatti e ridurre la volatilità, i gestori si posizionano long in primis su titoli di Stato e bond corporate – su cui potremmo essere giunti al picco in termini di livello dei tassi – e contestualmente, le rimanenti posizioni in equity assumono connotazioni difensive per sfruttare al meglio la capacità di liquidabilità delle trillion dollar corporate, le quali offrono stabilità, ma soprattutto godono di mercati dei prodotti sintetici dedicati, su cui i gestori possono hedgarsi e far leva.

Guardando alla sola Piazza Affari, il controvalore totale scambiato sul Ftse Mib da inizio anno è in contrazione di oltre il 12% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e ancor peggiore è la situazione sul segmento a bassa capitalizzazione di Milano, di oltre il 30% più basso.

Ad alimentare il trend di deflusso monetario sul listino small cap c’è anche il tema dei PIR, i quali nella prima metà dell’anno sono stati oggetto di riscatti e deflussi per oltre 1,5mld di Euro. Tendenza già percepibile nel secondo semestre 2022 con oltre 700mln di Euro di deflussi.

Mancano volumi, e i fondi si trovano a dover fronteggiare problemi regolamentari legati alle posizioni in portafoglio definite illiquide, alimentando la spirale di sell-off che riduce ulteriormente l’appetibilità sul segmento.

Chiaro che non stanno risentendo allo stesso modo le performance dalle large cap, le quali trainate soprattutto in Italia dal comparto bancario, stanno mostrando che le dimensioni, almeno in certi casi, contano: avere una grande capitalizzazione permette di dormire sonni tranquilli ai gestori.

Tuttavia, sono le stesse small cap ad aver già dato prova di resilienza in più circostanze, anche quando il mercato ha visto bruschi cambiamenti dettati da situazioni imprevedibili, come durante gli anni di lockdown. Ecco perché un occhio degli investitori è sempre fisso sulle piccole imprese, che torneranno ad essere appetibili già con i segnali di rallentamento dell’inflazione.

E di segnali in questo periodo ne vediamo a sufficienza, ed è bene saperli osservare per poter meglio declinare a proprio vantaggio le occasioni che al momento l’instabilità dei prezzi sta contribuendo a creare, con le forti asimmetrie e i vertiginosi spread tra valutazioni large e small cap.

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