Pensioni più povere se il Pil non torna a salire

IL DOCUMENTO – Un dossier tenuto sotto chiave da tempo nei cassetti dell’Inps conterrebbe un serio allarme per il sistema contributivo italiano. Si tratta di una nota lasciata dall’ex coordinatore generale del servizio statistico attuariale dell’Istituto di previdenza sociale, Antonietta Mundo, colei che fino a poco tempo fa (è appena andata in pensione) sovrintendeva a tutte le stime sul futuro pensionistico degli italiani.

L’ALLARME – Tra le pagine del dossier, scrive Il Messaggero, c’è un passaggio che suona come un campanello d’allarme. “Se le stime del Mef (ministero dell’economia e delle finanze, ndr) fossero verificate sarebbe la prima volta che i contributi versati, anziché rivalutarsi, subiscono un decremento”. Ogni anno infatti l’Inps rivaluta il 33% dello stipendio di ogni lavoratore dipendente. Un po’ come quando si portano i soldi in banca e la banca paga un interesse. Insomma, se l’azienda Italia marcia e c’è anche un po’ di inflazione, le pensioni pubbliche saranno soddisfacenti.

SE IL PIL NON CRESCE – Ma se accade, come sta accadendo, il contrario? Se il Pil non cresce e l’inflazione arretra e diventa deflazione, i contributi versati all’Inps invece di aumentare diminuiscono. È come se si portassero 1.000 euro in banca e l’anno dopo se ne trovassero sul conto 990. Cosa succederà quindi in futuro? Una simulazione riportata da Il Messaggero è stata elaborata da Progetica, una delle principali società indipendenti di consulenza italiane sui temi previdenziali. In assenza di crescita la futura pensione, per esempio, di un trentenne di oggi potrebbe essere più leggera del 22 per cento. Se il Pil aumentasse in media del 2 per cento l’anno, il trentenne lavoratore dipendente quando a circa 67 anni lascerà il lavoro, incasserebbe una pensione pubblica pari al 71 per cento della sua ultima retribuzione.

CON CRESCITA ZERO – Ma se la crescita del Pil fosse “zero”, quella stessa pensione non supererebbe il 49 per cento dell’ultimo stipendio. Lo stesso, anche se in misura minore, sarebbe valido anche per un attuale cinquantenne che con una crescita zero si vedrebbe l’assegno ridotto dell’11 per cento rispetto ad una situazione in cui il Pil marciasse al ritmo del 2 per cento l’anno. Se non si ricomincia a crescere e se non arriva almeno un po’ di inflazione insomma, i futuri pensionati rischiano di essere poveri.

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