Consulenti e conflitti di interesse, la grande illusione

In relazione alla replica di un anonimo lettore all’invito ad un confronto razionale e più civile sul tema della irragionevole convinzione di alcuni consulenti finanziari autonomi a negare di avere alcun conflitto di interesse con il cliente, è molto interessante evidenziare che i contenuti e la natura del “dibattito” hanno fornito proprio un caso illuminante e concreto del tema in discussione.

Infatti, tralasciando i toni e le diverse contraddizioni concettuali dell’anonimo lettore, ciò che è da mettere in risalto è la sua affermazione a proposito dei conflitti di interesse: “Io so solo che oggi il consulente indipendente ne è esente, i consulenti che operano per Reti, Banche ed Assicurazioni no”, ribadendo e dando corpo all’irrazionale convinzione auto-ingannevole che è stato l’oggetto del primo articolo. Irrazionale, poiché l’anonimo lettore afferma qualcosa sulla base di un evidente pregiudizio, ossia su una credenza basata su una opinione “indiscutibile” che genera il rifiuto di esaminare e confrontarsi con altre tesi. Auto-ingannevole, perché è palese il bias di “illusione di obiettività”, quale meccanismo di disimpegno morale inconsapevole.

Per quanto riguarda l’insinuazione dell’anonimo lettore circa: “il palese intento di screditare “esclusivamente” la categoria dei consulenti indipendenti”, desidero precisare che le tesi da me proposte sono dirette non alla categoria dei consulenti indipendenti (le generalizzazioni non andrebbero mai fatte) ma specificatamente, come ho scritto, ad “alcuni consulenti finanziari autonomi” che ostentano di non avere alcun conflitto di interesse, e dunque a quella sotto-categoria di cui fa parte l’anonimo lettore.

Per quanto riguarda la richiesta dell’anonimo lettore di “alcuni chiarimenti e spiegazioni aggiuntive su quanto da lui affermato, tra cui quali fossero tutte le altre modalità di remunerazione”, rinnovo l’invito a confrontarsi almeno con un articolo: “Il mistero della remunerazione” , e auspicabilmente a confutare, nel merito, il contenuto.

Il tema, purtroppo, non è solo teorico in quanto è presumibile che costoro non hanno modo di valutare l’eticità delle proprie prestazioni perché sono ostacolati pervicacemente da processi cognitivo/ affettivi inconsci. Ciò anche a dispetto del Regolamento intermediari, n. 20307 del 15 febbraio 2018, che ribadisce, con il corposo art. 177 (Conflitti di interesse) del Titolo IV, relativo alla organizzazione e procedure dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria, che essi devono “adottare ogni misura ragionevole, adeguata alla natura, alla dimensione e alla complessità dell’attività svolta, per identificare, prevenire o gestire i conflitti di interesse che potrebbero sorgere con il cliente o tra i clienti, al momento della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti”. A fronte di ciò colpisce l’ambivalenza dell’anonimo lettore che da un lato afferma: “ribadendo l’importanza della MIFID” e dall’altro dichiara di “essere esente dai conflitti di interesse”. A tal proposito, presumerei ironicamente che l’anonimo lettore possa pensare che alle Autorità di Regolamentazione e Controllo sia del tutto sfuggito ciò che lui afferma.

 

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