Investimenti: l’outlook di State Street Global Advisors per i prossimi mesi

“Negli ultimi mesi (e anche in previsione della restante parte del 2023) il tema dominante sia per l’economia reale mondiale che per i mercati finanziari è stato il cambio di paradigma da un mondo caratterizzato da un’abbondante liquidità (che potremmo anche definir eccessiva) a uno scenario in cui la liquidità, in tutte le sue forme, si sta esaurendo a una velocità e a un’intensità senza precedenti”. A farlo notaere è Simona Mocuta, Chief Economist di State Street Global Advisors, che di seguito illustra l’outlook per i prossimi mesi.

Non occorre essere un irriducibile monetarista per ritenere che l’impennata dell’offerta di denaro a seguito dello shock iniziale generato dalla pandemia di COVID-19 abbia influito sull’intensità del conseguente deterioramento dell’inflazione. Chiaramente, anche altri fattori, come i vincoli dell’offerta, hanno svolto un ruolo fondamentale, ma il loro impatto inflattivo non sarebbe stato così marcato se non avessimo assistito all’incremento della domanda guidato dalla liquidità.

Guardando al futuro, bisogna chiedersi che cosa succederà adesso. In generale, solitamente gli episodi di riduzione della liquidità, tanto intensi quanto quello in corso nell’economia mondiale, non sono per nulla associati a condizioni facili o piacevoli. Di conseguenza, riteniamo che, al di là dell’inflazione, nel breve termine non ci sarà nulla di veramente positivo dal punto di vista macroeconomico. Secondo le nostre proiezioni, la crescita globale rallenterà, anche se una recessione degli Stati Uniti rimane un tema più valido per il 2024 che per il 2023. Per quest’anno, prevediamo una crescita di circa l’1% negli Stati Uniti e una crescita progressivamente inferiore nell’Eurozona.

La disinflazione si intensificherà e si amplierà in futuro. Questo fenomeno è l’unico aspetto positivo del nostro outlook, ma è anche il fattore chiave che può garantire una soglia minima al rallentamento della crescita, facendo sì che la tanto attesa svolta della politica monetaria verso tassi di interesse più bassi venga effettivamente intrapresa negli Stati Uniti a fine 2023 e che si diffonda e acceleri a livello globale nel 2024. A fronte di questo meccanismo di protezione dai rischi di downside, l’affievolirsi degli effetti legati alla riapertura in Cina, l’intensificarsi dei venti contrari in ambito fiscali negli Stati Uniti e l’impatto posticipato dell’aumento dei tassi d’interesse fanno sì che la crescita globale risulti contenuta e che i rischi per la crescita siano più elevati nel 2024.

Considerando il ruolo cruciale della disinflazione nel limitare un rallentamento economico ormai imminente, è opportuno analizzare in dettaglio l’outlook dell’inflazione. Il dibattito sull’inflazione si articola su tre livelli: momentum ciclico, livelli di equilibrio a medio termine e volatilità inflazionistica. Il primo aspetto è quello su cui si basa la nostra necessità di disinflazione; infatti, dopo l’impennata post-COVID, la prossima fase del percorso ciclico dell’inflazione sarà più bassa. Arrivare al target del 2% (o una percentuale abbastanza vicina da non avere rilevanza) nel 2024 non è poi così impossibile come affermato dall’opinione comune, e soprattutto non in un mondo caratterizzato da una concorrenza sui prezzi che probabilmente riemergerà con la contrazione degli ordini, il rallentamento della domanda e gli effetti di base. Riteniamo che l’impennata dell’inflazione dell’anno scorso abbia incorporato una discreta quantità di incrementi di prezzo di tipo opportunistico che hanno reso il picco inflazionistico non solo elevato ma anche esteso. Parte della nostra view più costruttiva sull’inflazione prevede che, quando lo squilibrio domanda-offerta passerà da un’offerta insufficiente ad una sovrabbondante, questi fenomeni si correggeranno contemporaneamente.

Siamo convinti che il livello di medio termine dell’inflazione nei prossimi 10 anni sarà superiore a quello dei 10 anni precedenti alla pandemia, periodo caratterizzato sia dalla globalizzazione che dalla riduzione della leva finanziaria. Non siamo tuttavia convinti che sarà necessariamente superiore al tasso di inflazione prevalente nel periodo 2000-2008 (quando era in atto solo la globalizzazione). A livello globale, la transizione green e la deglobalizzazione sono forze inflazionistiche, ma tecnologia, demografia e livelli di indebitamento suggeriscono che permangono potenti forze disinflazionistiche. Indubbiamente, la riduzione della leva finanziaria potrebbe essere un fattore più importante per il settore pubblico, data l’impennata degli stimoli fiscali e dei livelli di debito pubblico post-pandemia.

Tuttavia, ci sono molte economie – ad esempio, Canada e Australia – in cui le risorse finanziarie delle famiglie appaiono ridotte all’osso. Persino negli Stati Uniti, sospettiamo che sia in arrivo una correzione della spesa per i consumi, dopo la fine della frenesia del 2021-2022. Anche la Cina non è più in grado di ricorrere al debito per alimentare la crescita. Pertanto, riteniamo che lo spostamento dell’equilibrio del tasso di inflazione sia inferiore a un punto percentuale. Implicitamente, ciò significa che dopo oltre un decennio di inflazione al di sotto del target, potremmo trovarci per più di un decennio in un periodo caratterizzato da un’inflazione modestamente al di sopra del target stesso.

Infine, la volatilità dell’inflazione potrebbe essere la parte della dinamica inflattiva di medio termine che ci turba di più. La combinazione della transizione ecologica, della deglobalizzazione e dell’intensificarsi del rischio geopolitico fa presagire un contesto di potenziali shock più frequenti, con conseguenti picchi e bruschi cali dell’inflazione, la cui dinamica è sempre più difficile e quasi impossibile da prevedere. Un contesto di questo tipo richiederebbe continui e drastici adeguamenti della pianificazione aziendale e dell’allocazione del portafoglio d’investimento al fine di affrontare con successo le sfide che questo periodo pone. In effetti, uno scenario caratterizzato da un’elevata volatilità dell’inflazione potrebbe porre maggiori sfide rispetto a un’inflazione sostenuta ma costante al 3 per cento.

L’asset allocation e la strategie in questo scenario

Secondo State Street Global Advisors occorre ora:

  • Tenere d’occhio il reddito fisso, che potrebbe presentare un potenziale di rendimento superiore a quelli del segmento azionario.
  • Prestare cautela ed evidenziare la qualità quando si valutano gli asset di rischio.
  • Osservare in che modo la riapertura della Cina sta trainando il Paese verso una nuova normalità.
  • Indirizzarsi verso le obbligazioni a breve termine per individuare opportunità di rendimento.
  • Adottare un approccio attendista nei confronti dell’indebolimento del dollaro, un vento di coda per gli asset non statunitensi senza copertura.
  • Considerare una strategia di protezione dai rischi di downside.

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