La vittoria di Pirro di Angela Merkel

Di Wolfgang Bauer, gestore del team Retail Fixed Interest di M&G Investments

Un quarto governo per la Merkel Prima di tutto, come ci si aspettava Angela Merkel ha vinto le elezioni. La sua CDU, insieme alla sorella bavarese CSU, rimarrà il più grande gruppo parlamentare (33,0% dei voti combinati). Tutte le strade portano ad un quarto mandato come cancelliere. Ciò non ha di certo sorpreso, soprattutto se si considera la solidità dell’economia tedesca. Il tasso di disoccupazione si è dimezzato da quando la Merkel ha assunto l’incarico nel novembre 2005 e la crescita del PIL è superiore al 2%.

Tuttavia, questa non è la questione principale. La CDU/CSU ha perso molti voti, con un calo dell’8,5% rispetto alle elezioni del 2013, il che è tanto più significativo se si considera il quadro economico positivo, che avrebbe dovuto giocare a favore della Merkel come cancelliere in carica. Due fattori potrebbero aver avuto un ruolo chiave: la “stanchezza da Merkel”, ovvero dopo dodici anni in carica molti elettori probabilmente pensavano che fosse giunto il momento di cambiare direzione. Inoltre, la sua gestione della crisi dei migranti ha allontanato gli elettori portandoli verso gli schieramenti più conservatori.

Gioco di coalizioni Anche l’attuale partner della coalizione Merkel ha vissuto una notte piuttosto dura. L’SPD ha ottenuto solo il 20,5% alle elezioni, un nuovo record negativo. Erano pronti ad escludere una continuazione della cosiddetta “grande coalizione” con la CDU/CSU della Merkel. Naturalmente, questo sarebbe logico. Entrambi i blocchi dominanti – CDU/CSU e SPD – stanno affrontando perdite significative: non sembrano le giuste premesse per un mandato di ordinaria amministrazione. L’insediamento di un leader forte d’opposizione potrebbe anche aiutare l’SPD a posizionarsi come alternativa credibile alla CDU/CSU alle prossime elezioni. Il tempo ci dirà se sono veramente disposti a rinunciare al potere e a lasciare la coalizione o se stanno semplicemente giocando duro per rendersi più forti nei negoziati di coalizione.

Oltre a una grande coalizione, l’altra unica opzione realistica sarebbe una “coalizione giamaicana” tra CDU/CSU, FDP e il partito dei Verdi (il nome deriva dal fatto che i colori combinati dei partiti – nero, giallo e verde – corrispondono a quelli della bandiera dell’isola caraibica). Questa coalizione è già stata fatta in precedenza nei parlamenti regionali tedeschi – per esempio, attualmente, nello Schleswig-Holstein – ma vi sono senza dubbio notevoli ostacoli a livello federale. Il partito dei Verdi ha differenze ideologiche con il liberale FDP (politica economica, riforma fiscale, ecc.) e con l’ala conservatrice della CDU/CSU (politica migratoria, questioni sociali, ecc). Ciò potrebbe rendere una coalizione giamaicana piuttosto instabile e indebolita da lotte intestine.

Alla fine, sia che tutto si concluda con una grande coalizione o con una coalizione “giamaicana”, i negoziati saranno difficili in entrambi i casi e potrebbero protrarsi per un po’ di tempo. Ciò indebolisce chiaramente la posizione della Merkel sia in Germania che all’estero. Potrebbe essere messa in discussione dal presidente francese Emmanuel Macron per il ruolo di leadership non ufficiale all’interno dell’Ue. Se riuscisse a cogliere l’attimo, diverrebbe più probabile la mutualizzazione del debito dell’Eurozona e la creazione di un ministro delle Finanze europeo, almeno a medio termine. I rumor circa il piano della Merkel di proporre Jens Weidmann, l’attuale presidente della Bundesbank, come nuovo presidente della BCE dopo la fine del mandato di Draghi nel 2019, sembra oggi meno realistico. Ciò aumenta le probabilità che la BCE continui ad adottare una politica espansiva.

Il populismo resiste a oltranza Uno dei risultati elettorali più eclatanti è certamente la performance notevole dell’AfD nazionalista di destra (12,6%). Non solo il partito entra per la prima volta nel Bundestag tedesco, ma l’AfD diventerà terzo gruppo parlamentare per grandezza. Se la grande coalizione dovesse continuare – il che non può essere escluso del tutto a questo punto – l’AfD diventerebbe di fatto leader dell’opposizione. Anche se questo aspetto è a dir poco degno di nota, le implicazioni politiche dirette sono probabilmente minime. Nessuno degli altri partiti costituirà una coalizione insieme a loro e i membri dell’AfD saranno probabilmente emarginati politicamente. Lo abbiamo visto molte volte nei parlamenti regionali tedeschi.

Tuttavia, penso che potrebbero esserci due importanti conseguenze indirette del successo elettorale dell’AfD. In primo luogo, all’interno della Germania aumenterà la pressione esercitata sulla Merkel – non da ultimo dal suo stesso partito – per quanto riguarda i cambiamenti che sta portando avanti. Per ovvie ragioni, impedire l’ascesa di un movimento nazionalista di destra è stato un dogma centrale della politica tedesca. Ora incombe sulla Merkel dopo il risultato a due cifre dell’AfD di ieri sera. In passato, Merkel è stata disposta a rivedere posizioni di vecchia data (su nucleare, salari minimi, matrimoni omosessuali, etc). Per respingere i voti dell’AfD, potrebbe cambiare di nuovo atteggiamento, forse diventando più conservatrice, con una posizione più dura in materia di migrazione, accentramento dell’UE e così via.

In secondo luogo, il successo dell’AfD alle urne potrebbe mettere in crisi il tipo di narrativa prevalente, soprattutto alla luce del declino del populismo anti-UE evidenziato dai risultati elettorali di Olanda e Francia.  Ciò potrebbe avere ripercussioni sui mercati, che probabilmente sono diventati piuttosto compiacenti al riguardo. L’euro, che negli ultimi mesi si è andato rafforzando, potrebbe essere messo sotto pressione. Potremmo di nuovo vedere un aumento dei premi al rischio sui titoli fi Stato e sui corporate bond periferici, considerando che all’orizzonte sono in programma altri eventi politici rilevanti, in particolare il referendum catalano sull’indipendenza e le elezioni in Austria e Italia.

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