Mercati: i pro e i contro della forza del dollaro

Fase di assestamento per il dollaro americano nelle ultime sedute, ma a metà aprile il Dollar Index, aveva la miglior settimana dal settembre del 022. A spingere gli acquisti degli operatori era stato soprattutto il cambio di prospettive relativo alla rapidità dell’allentamento monetario della Federal Reserve, sulla base anche del report sull’inflazione negli Stati Uniti, che ha indicato un’accelerazione dei prezzi sopra le attese al 3,5%.

Nello specifico, le valute che hanno sofferto maggiormente nel cambio contro il biglietto verde sono state la sterlina inglese e l’euro, quest’ultimo affossato anche dai commenti “dovish” del Governatore della BCE, Christine Lagarde. La moneta unica ha toccato i minimi dallo scorso novembre a 1,0602, seguito dal bottom di 1,240 del GBP. La forza del dollaro si è però riverberata anche in Asia, dove lo yen ha continuato a svalutarsi toccando i minimi da 34 anni, a 154,73 per ogni dollaro. Non da ultimo, le recenti tensioni in Medio Oriente spingono i più cauti a riversarsi sul biglietto verde, considerato una valuta rifugio durante i periodi di incertezza.

L’impatto di un dollaro forte è positivo sugli investitori esposti al mercato statunitense, anche se l’acquisto di strumenti finanziari risulta più costoso. Tuttavia, in queste circostanze, le società americane riscontrano alcune difficoltà a vendere i propri prodotti all’estero, perché questi risultano più costosi sui mercati internazionali. Se molti perdono, altri guadagnano, come le aziende minerarie quotate sul FTSE 100 di Londra, che ricevono la maggior parte dei propri ricavi proprio in dollari, e che hanno spinto l’indice vicino ai massimi storici, appena sopra gli 8.000 punti.

La recente forza del dollaro americano riflette dunque l’attuale sentiment di mercato nei confronti della Fed: le aspettative degli operatori, che scontavano 6/7 tagli dei tassi a ine del 2023, sono state fortemente ridimensionate e adesso scontano, per il 2024, da un minimo di un taglio fino a due.

Tutto questo lascia quindi un’incognita sulle prossime mosse delle banche centrali, con la BCE che a questo punto potrebbe anticipare la Fed nel tanto atteso pivot monetario.

A cura di Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners

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