Italia-Ue: sale la tensione sulla manovra ipotizzata dal Def

Dichiarazioni Ue fanno salire tensione

Le bordate che sono subito arrivate dai vertici della Ue contro la manovra “popolare” tratteggiata nel Def approvato dal governo italiano e che prevede un deficit/Pil in crescita al 2,4% annuo per il triennio preoccupano i mercati finanziari europei, a partire da quelli italiani. Così anche oggi Piazza Affari apre in deciso calo perdendo l’1,5% dopo una mezzora di scambi, mentre l’Eurostoxx50 segna -1%, con Francoforte (-0,55%) e Parigi (-0,75%) che cercano di limitare i danni.

Juncker teme bis della crisi greca

Nella riunione dell’Eurogruppo svoltasi ieri a Lussemburgo, a cui non ha preso parte il ministro italiano Giovanni Tria, rientrato a Roma a rifare i conti, sono giunte critiche pesanti al governo Lega-M5S, con Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, che ha invitato ad essere “rigidi con l’Italia o è la fine dell’euro”, non potendo l’eurozona affrontare un’altra crisi simile a quella della Grecia nel 2010 (per di più riguardante un’economia di dimensioni molto superiori e con un debito pubblico di oltre 2.300 miliardi e con un rapporto debito/Pil del 132% che la manovra ipotizzata dal Def rischierebbe di aumentare ulteriormente.

Tria: meno crescita crea deficit spontaneo

Nonostante l’alzata di scudi immediatamente partita da parte degli esponenti politici italiani, il problema riguarda la tenuta della crescita, ossia la rapidità con cui il Pil nominale (Pil reale più inflazione) tenderà a crescere: tutti i previsori, ha già ricordato Tria, concordano nel segnalare che il quadro è meno ottimistico di quello assunto nel precedente Def varato dal governo Gentiloni. Questo e la più volte ribadita decisione di evitare l’aumento dell’Iva a gennaio porterebbero di fatto il deficit/Pil a salire al 2,2% circa anche in assenza di qualsiasi altra misura destinata a far calare le entrate o aumentare le uscite del settore pubblico (come flat tax o reddito di cittadinanza).

Italia e Ue litigano per 4 miliardi di euro

L’aggiunta di misure per sostenere “un piano straordinario di investimenti pubblici” (pari allo 0,2% di Pil, ossia meno di 4 miliardi, ndr) ha poi portato la previsione di deficit/Pil contenuta nel Def al 2,4% che alla Ue non è andato giù. Considerando l’avvicinarsi delle elezioni europee, l’anno venturo, il rischio è poi che la politica italiana provi a inserire ulteriori misure di spesa clientelare cercando di finanziarle a deficit, ipotesi che farebbe salire ulteriormente il deficit/Pil, così come lo farebbe salire un’eventuale e non improbabile crescita reale del Pil inferiore all’1,6% generosamente (forse troppo e anche questo non sembra essere piaciuto alla Ue) previsto dal Def per l’anno venturo.

Si spera nell’aumento dell’inflazione?

Salvo che non si punti, neppure troppo velatamente, a lasciar correre l’inflazione così da produrre un incremento del Pil nominale sufficientemente robusto da controbilanciare il nuovamente crescente costo del debito. Ma con un incremento dei prezzi al consumo che a settembre è tornato a rallentare sul +1,5% annuo, anche questa strada appare a dir poco in salita. Lo scontro tra Roma e Bruxelles sembra dunque destinato a proseguire e a causare ulteriore volatilità sui mercati finanziari europei, a partire da Milano.

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