È ora di riconsiderare il debito estero dei mercati emergenti?

Per tutto il 2023 gli investitori si sono tenuti alla larga dal debito estero dei Mercati Emergenti. Nel seguente articolo il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management di capire se rendimenti dell’ 8,6% possano indurli a tornare sui propri passi.

Fondamentali

Resilienti. Se dovessimo definire i fondamentali dei Mercati Emergenti (ME) in una sola parola, quella più appropriata sarebbe “resilienti”. Dopo l’impennata dell’inflazione nel 2022, le Banche Centrali dei Mercati Emergenti hanno innalzato tempestivamente i tassi di riferimento anticipando addirittura le mosse di molte omologhe dei Mercati Sviluppati. L’obiettivo di far scendere l’inflazione aumentando il costo del denaro sembra quasi centrato, visto che il tasso di inflazione registra un calo significativo in tutte le regioni emergenti. Il rialzo dei tassi ufficiali lasciava presagire un crollo della crescita economica che, tuttavia, non si è verificato. I Paesi Emergenti hanno continuato a crescere, il che ha consentito loro di riequilibrare i saldi fiscali dopo le sfide del Covid e di mantenere il debito pubblico su livelli sostenuti. Pertanto, è nel debito estero dei Mercati Emergenti che troviamo con maggiori probabilità rivisitazioni al rialzo e non al ribasso del merito creditizio e che, in prospettiva, il livello delle insolvenze si ridurrà. Riteniamo, inoltre, che nel breve termine il rischio di insolvenza si concentri nei Paesi più piccoli e che, di conseguenza, possa incidere in misura minore sui rendimenti degli investitori.

Valutazioni quantitative

In termini assoluti, un rendimento complessivo dell’8,6% appare interessante, soprattutto se si tiene conto del quadro fondamentale del debito estero dei Mercati Emergenti. Per circa la metà, tale rendimento è riconducibile all’aumento del tasso privo di rischio che, a sua volta, è il risultato dei recenti massicci interventi di inasprimento monetario messi in campo dalla Federal Reserve. L’altra metà è dovuta allo spread, che rappresenta la potenziale remunerazione degli investitori quando accettano il rischio aggiuntivo associato all’investimento nel debito estero emergente. Lo spread attuale, al 4,2%, offre agli investitori un rendimento ragionevole e rispecchia l’andamento a lungo termine del settore: né conveniente né costoso. Spread al 5% o più ci sembrerebbero più interessanti. In passato, però, differenziali di rendimento compresi tra il 4% eil 5% hanno portato in media a rendimenti cumulativi del 9% nell’anno successivo, del 17% nell’arco di due anni e del 30% su base triennale, offrendo un’opportunità agli investitori disposti a tollerare un andamento volatile nel breve termine.

Fattori tecnici

Il quadro tecnico del debito estero dei Mercati Emergenti presenta risvolti contrastanti. Dal 2022 fino ad agosto 2023, gli investitori hanno sottratto al settore circa USD 45 miliardi, reindirizzandoli verso investimenti obbligazionari core, che offrono maggiore sicurezza. Tuttavia, gli spread sul 75% dell’EMBIG (il debito emergente investment grade + il debito emergente con rating BB) sono invariati o superiori a quelli delle obbligazioni dei Mercati Sviluppati con pari merito di credito: un successo considerevole per il mondo emergente, visto il clima di sfiducia che circonda questa classe di attivo. La dinamica di questi spread è, a nostro avviso, da attribuire fondamentalmente al fatto che gli investitori sono fortemente sottoesposti nei confronti dei Mercati Emergenti: i capitali speculativi sono pochi e gli investitori locali (istituzionali o governativi)riacquistano il debito e sostengono i rispettivi mercati obbligazionari. Il 95% del segmento investment grade dei Mercati Emergenti ha il 50% o più del debito pubblico denominato in valuta locale anziché in obbligazioni estere denominate in Dollari statunitensi. Inoltre, ci aspettiamo che l’offerta sia limitata e che sostenga il settore, visto che più dell’80% delle emissioni lorde annuali è stato portato a termine, per un valore complessivo di USD 101 miliardi. Di fatto, tenendo conto dei rimborsi, le previsioni indicano emissioni nette negative per USD 6 miliardi negli ultimi mesi dell’anno. Infine, anche la bassa correlazione del debito estero emergente con i Treasury statunitensi – 0,30 su un orizzonte temporale di 10 anni – potrebbe attirare gli investitori che cercano di diversifi care scommettendo su attivi diversi dalle obbligazioni core.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari?

I motivi per apprezzare il debito estero emergente sono molti. I fondamentali dei Paesi Emergenti sono resilienti. Le valutazioni complessive sono interessanti anche se è vero che, in futuro, potrebbero diventare relativamente più convenienti rispetto a oggi. I fattori tecnici dovrebbero sostenere il mercato nel breve termine. Ciò detto, i principali rischi associati alla riconsiderazione del debito estero emergente oggi sono una forte recessione olivelli insistentemente elevati di inflazione. Al momento, il mercato non sconta né uno scenario né l’altro. Tuttavia, gli investitori dovrebbero tener presente che i dati economici potrebbero deludere le attese.

 

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