Nell’azionario USA è terminata la recessione degli utili. L’S&P 500 si avvia verso una crescita positiva degli utili trimestrali per la prima volta dal terzo trimestre del 2022. Con il 92% delle aziende che compongono l’indice che hanno già comunicato i propri risultati, si prevede che gli earnings per share relativi al terzo trimestre crescano del 4,1%, con la partecipazione di otto settori su 11, principalmente grazie al fatto che l’81% delle aziende hanno superato le aspettative.
“Queste due ultime settimane di mercato sono state caratterizzate da un rally robusto, sostenuto da una crescita positiva degli utili e dal maggiore ottimismo che la Federal Reserve metterà presto fine al ciclo di rialzi dei tassi. Se lo scenario macroeconomico dovesse rimanere favorevole, sarà possibile per gli investitori focalizzarsi maggiormente sui fondamentali, il che potrebbe portare al classico rally di Babbo Natale di fine anno”. Parola di Saira Malik, CIO di Nuveen, che di seguito illustra la propria view nei particolari.
Le opportunità emergenti potrebbero aumentare il potenziale di rendimento
Notiamo un miglioramento delle prospettive a breve termine per il proseguimento dei guadagni azionari statunitensi: i recenti dati economici mostrano l’inflazione in discesa, il che riduce la necessità di un inasprimento da parte della Fed. Ciononostante, permane la possibilità che nel 2024 si verifichi un rallentamento consistente o una recessione lieve, in quanto si prospetta un altro shutdown del governo statunitense, il mercato del lavoro rallenta (anche se lievemente), aumenta il ricorso al credito e la morosità e i consumi rallentano. Quindi, anche se gli Stati Uniti possono rappresentare un rifugio a breve termine, gli investitori dovrebbero ampliare i propri orizzonti di diversificazione per ottenere rendimenti potenzialmente maggiori. In particolare, alcuni Paesi e regioni dei mercati emergenti sembrano pronti a registrare una sovraperformance economica, potenzialmente in grado di sostenere sia gli investimenti obbligazionari che quelli azionari.
Considerazioni di portafoglio
Il panorama dei mercati emergenti (EM) non è monolitico, ma vediamo opportunità interessanti in quelle economie dove la crescita è maggiore alle aspettative, pur mantenendo una certa cautela verso quelle con condizioni macro deboli o rischi idiosincratici spinosi. Sul fronte del debito emergente, rendimenti di circa il 10% rendono l’asset class più interessante rispetto ad altri settori del credito. Per quel che riguarda i titoli di stato, riteniamo che sia le obbligazioni investment grade che quelle high yield siano destinate a registrare buoni risultati nel 2024. Gli spread sui titoli B/BB si sono dimostrati robusti, e riteniamo che posseggano ancora un buon valore grazie a fattori tecnici e fondamentali solidi. Nel frattempo, da un punto di vista relativo e storico, gli spread societari EM appaiono più interessanti rispetto ai loro omologhi dei mercati sviluppati. Per quel che riguarda invece l’azionario EM, vediamo valutazioni interessanti, stime di guadagno robuste e, in molti casi, un miglioramento della governance societaria.
Cina: troppo grande per essere ignorata, ma potrebbe migliorare
La Cina, la seconda economia al mondo, costituisce da sola circa il 30% dell’universo azionario EM, secondo le stime del MSCI Emerging Markets Index; il 21% del debito societario EM in essere secondo il JPMorgan Corporate Emerging Markets Bond Index (CEMBI); e il 7% del debito sovrano in valuta forte in essere secondo il the JPMorgan Emerging Markets Bond Index (EMBI). L’ampia presenza della Cina in questi benchmark può rendere complicato per gli investitori evitare i rischi con cui è alle prese il Paese: un mercato immobiliare instabile, una crescita economica deludente, tensioni geopolitiche che lasciano presagire sanzioni internazionali, la mancanza di trasparenza nei dati e nelle politiche statali, misure di stimolo che non sono riuscite a dare fiato ai mercati finanziari, e – guardando al 2024 – una crescita degli utili societari che si prevede sarà inferiore di circa 5 punti percentuali rispetto agli altri EM. Tutti questi fattori contribuiscono a una nostra posizione sottopeso underweight sulle azioni e obbligazioni cinesi.
L’apertura verso il Messico
Le politiche e le normative poco chiare della Cina, i lockdown dettati dal Covid e le tensioni geopolitiche hanno portato le aziende a spostare le loro catene di approvvigionamento in altri Paesi, con il Messico tra i principali beneficiari. Un numero crescente di aziende statunitensi ha trasferito alcune funzioni operative nel Paese (nearshoring) per trarre vantaggio dalla robusta crescita del Pil, dalla bassa disoccupazione e dall’inflazione in discesa. Un altro beneficio importante è dato dai trasporti più facili, così come dal sostanziale risparmio in termini di costi rispetto alla Cina. Generare elettricità in Messico costa circa il 4% in meno, mentre il prezzo medio di gas naturale e gli affitti per gli edifici industriali sono entrambi più bassi del 60%.
Il Messico è diventato il più grande partner commerciale degli Stati Uniti nel settore manufatturiero, e ci aspettiamo che il divario con la Cina crescerà ulteriormente. Riteniamo che queste prospettive economiche favorevoli supportino nei portafogli globali un’allocazione sovrappesata verso le azioni e le obbligazioni messicane. Per quel che riguarda il reddito fisso, siamo costruttivi circa il debito sovrano e quello del mercato locale, così come sulle emissioni societarie, dove privilegiamo banche messicane selezionate, produttori di cemento e fornitori di ricambi auto.
Non incolpate Rio
Il Brasile continua a essere interessante da un punto di vista economico, con una crescita del Pil superiore alle aspettative, un’inflazione moderata e una politica monetaria decisamente dovish, resa possibile dall’essere avanti nella lotta all’inflazione. Nel corso dell’anno, il tasso di interesse reale brasiliano è stato tra i più alti della sfera EM, e questo sta iniziando a mostrare i suoi risultati in dati economici più solidi, come la riaccelerazione delle vendite al dettaglio di settembre.
La valuta brasiliana ha resistito bene all’allentamento monetario iniziato ad agosto dalla banca centrale, la quale ha indicato che ulteriori tagli di 50 pb sono all’orizzonte, il che dovrebbe portare il tasso reale a circa il 7%. Sebbene da qualche tempo la performance delle azioni brasiliane sia inferiore a quella del più ampio MSCI EM Index, riteniamo che vi sia potenziale per una sovraperformance dato che le valutazioni rimangono convenienti e le compagnie offrono un elevato rendimento del capitale.