Etf ESG: in frenata il patrimonio complessivo

Dopo anni di crescita a ritmi record, gli ETF ESG sembrano aver raggiunto un punto di svolta. Secondo l’analisi di justETF, piattaforma di riferimento per il monitoraggio del mercato ETF, gli asset gestiti dai fondi che integrano criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) sono passati da poco più di 87 miliardi di euro alla fine di agosto 2020 a quasi 350 miliardi di euro a inizio 2025, segnando un incremento di circa il 300% in cinque anni. Dall’inizio del 2025, però, la corsa si è arrestata: ad agosto, il patrimonio complessivo degli ETF ESG è sceso di oltre il 7% dal massimo raggiunto, attestandosi a 324 miliardi di euro.

Difficile parlare di fuga: più che di un’inversione di tendenza, si tratta di una pausa dopo anni di lanci record. Sul mercato risultano oggi oltre 700 ETF azionari ESG accessibili agli investitori italiani, di cui più di 450 nati dopo il 2020. Tuttavia, la spinta alla creazione di nuovi prodotti si è ridimensionata: dopo il 2022 – anno record per le nuove emissioni – il ritmo dei lanci è sensibilmente calato. Alcuni strumenti sono stati successivamente chiusi o fusi, segno che il mercato sta entrando in una fase di selezione naturale e consolidamento.

 Performance e composizione: i segnali del rallentamento

Tra i tre ETF con criteri ESG più grandi monitorati da justETFiShares MSCI USA Screened UCITS, iShares MSCI USA ESG Enhanced CTB UCITS e JPMorgan US Research Enhanced Index Equity ESG – solo uno, a fine agosto 2025, aveva un patrimonio superiore rispetto a fine 2024.

Anche i prezzi raccontano la stessa storia. L’indice MSCI World “classico” ha sovraperformato negli ultimi 1, 3 e 5 anni la versione ESG più restrittiva (MSCI World SRI Select Reduced Fossil Fuels), registrando persino una volatilità più bassa.

Una delle ragioni principali è strutturale: gli indici ESG tendono a escludere energia e settori legati ai combustibili fossili, e in un contesto di tassi reali più alti, inflazione persistente e shock energetici, queste esclusioni hanno pesato sui rendimenti.

Politica, difesa e regolamentazione: l’ESG alla prova della realtà

A complicare ulteriormente il quadro è il fattore politico. Negli Stati Uniti, il movimento ESG è finito nel mirino di alcune correnti conservatrici, che lo accusano di anteporre agende sociali ai rendimenti economici, alimentando il dibattito sul cosiddetto “capitalismo woke”. Le polemiche hanno avuto impatti concreti, incidendo sia sulle vendite sia sulla reputazione dei prodotti ESG.

In Europa, invece, la guerra russa in Ucraina ha riaperto il confronto sull’esclusione dei titoli della difesa dai portafogli sostenibili. Molti investitori considerano oggi il comparto un bene pubblico legato alla sicurezza nazionale, rendendo più complesso il confine tra “etico” e “strategico”.

Parallelamente, è cresciuta l’attenzione dei regolatori internazionali. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa, le autorità hanno alzato l’asticella su trasparenza e denominazioni dei fondi, per contrastare pratiche di greenwashing, ovvero etichette ESG non coerenti con i reali contenuti degli investimenti.

Molti risparmiatori hanno così scoperto che “ESG” non significa automaticamente “verde” o “a impatto”. In diversi portafogli ESG, infatti, compaiono ancora compagnie petrolifere o produttori di armi. Secondo dati Bloomberg, dal 2022 i fondi azionari ESG – comprendendo sia ETF sia fondi comuni – con qualche esposizione alla filiera delle armi nucleari sono aumentati di oltre il 50%, superando quota 2.000. Circa la metà dei fondi ESG europei destina oggi una piccola parte del capitale a società coinvolte in questa catena. Per alcuni si tratta di realismo economico, per altri di incoerenza valoriale.

Lorenzo Demaria, Country manager Italia di justETF: “Il rallentamento non segna la fine dell’ESG, ma rappresenta il passaggio verso un mercato più maturo e selettivo. Per gli investitori, la parola chiave è chiarezza: “ESG” non è infatti sempre sinonimo di “verde”, ma indica un insieme di approcci e criteri che richiedono un’analisi approfondita. Investire in sostenibilità oggi significa guardare oltre le etichette, valutando esclusioni, pesi settoriali, benchmark e costi. Chi lo fa con consapevolezza evita sorprese e trasforma l’ESG da slogan a strategia concreta”.

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