La sostenibilità del debito e l’equilibrio tra offerta e domanda di asset sono tornati al centro del dibattito finanziario. Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone affrontano sfide significative, mentre il predominio fiscale nei mercati avanzati solleva nuove preoccupazioni.
«Il passaggio verso il predominio fiscale nell’attuale contesto fa suonare un campanello d’allarme per gli investitori obbligazionari», sottolinea Malin Rosengren, Portfolio Manager, Investment Grade di RBC BlueBay.
Inflazione strutturalmente più alta
Secondo Rosengren, lo scenario odierno è diverso rispetto al passato perché l’inflazione nei mercati sviluppati «rimane elevata e probabilmente rimarrà strutturalmente più alta, sostenuta dalla transizione globale che si allontana dal libero scambio, dalla globalizzazione e da politiche di immigrazione aperte».
In questo contesto, il mantenimento della stabilità dei prezzi richiede «un tasso di interesse di equilibrio più elevato».
Deficit e demografia: una combinazione rischiosa
L’aumento dei deficit pubblici e la mancanza di rigore fiscale coincidono con l’incremento dei pagamenti per interessi, che erode i bilanci statali. «L’accumulo di debito, che in precedenza era conveniente, diventa costoso in un contesto di tassi di interesse più elevati», osserva Rosengren.
Le pressioni demografiche, inoltre, aumentano il rischio di ulteriore spesa pubblica e riducono la domanda di obbligazioni, con i pensionati che ritirano risparmi dai fondi pensione. «Ciò sta accadendo contemporaneamente in tutto il mondo», aggiunge la manager.
Giappone: un equilibrio sempre più fragile
Il Giappone ha finora gestito il proprio debito grazie a tassi bassissimi e al supporto della domanda interna, con la Bank of Japan che detiene oltre metà del mercato dei titoli di Stato. Tuttavia, avverte Rosengren, «ora i tassi di interesse non sono più ai minimi storici e qualsiasi mossa per aumentare i programmi di QE porterà a un deprezzamento della valuta e, quindi, a un’ulteriore pressione inflazionistica».
Il parallelo con gli Stati Uniti non è rassicurante: «Attualmente la Fed detiene circa un quarto del mercato dei Treasury. Se tentasse di aumentare gli acquisti di QE, gli investitori assisterebbero senza dubbio a un indebolimento del dollaro».
Australia: solidità e opportunità
La qualità del credito diventa sempre più determinante nella scelta dei titoli di Stato. In questo contesto, l’Australia emerge come un caso virtuoso. «Un titolo con rating AAA che offre rendimenti intorno al 5% è un acquisto piuttosto interessante», afferma Rosengren.
La Reserve Bank of Australia deve fare i conti con un’inflazione più persistente del previsto e con la ripresa dei prezzi delle abitazioni, mentre il Pil cresce dell’1,8% su base annua. «Poiché abbiamo assunto una posizione decisamente più ribassista sul dollaro statunitense, il dollaro australiano dovrebbe beneficiare di un buon sostegno», aggiunge Rosengren.
Canada: la BoC pronta a nuovi tagli
Il mercato del lavoro canadese continua a indebolirsi, con un tasso di disoccupazione al 7,1%. «I recenti dati sull’occupazione offrono alla BoC una solida motivazione per ulteriori misure di allentamento», spiega Rosengren. Tuttavia, le pressioni inflazionistiche limiteranno lo spazio di manovra della banca centrale.
In parallelo, incombe il rischio di una rinegoziazione dell’accordo USMCA, che potrebbe rivelarsi decisivo per la tenuta dell’economia canadese. «Questo sarà l’aspetto più importante da tenere d’occhio», conclude Rosengren.