Consulenza e AI: tutti i limiti dell’algoritmo

A cura di Maurizio Primanni

In Italia 11 milioni di persone utilizzano ChatGPT (dati ComScore). Nei primi quattro mesi del 2025 la crescita è stata del +65%. Una dinamica che conferma quanto affermato dal ceo di OpenAI, Sam Altman: nel mondo gli utenti unici mensili hanno raggiunto quota 800 milioni, pari al 10% della popolazione, mentre le rilevazioni più recenti stimano oltre 190 milioni di utilizzatori giornalieri. È inevitabile che uno strumento di questo tipo trovi applicazione crescente anche nella consulenza finanziaria. Il contesto in cui il consulente si muove è sempre più complesso: l’offerta di prodotti è ampia, i singoli strumenti sono articolati, i clienti chiedono soluzioni personalizzate, la normativa impone percorsi rigorosi. In questo scenario, ChatGPT può rappresentare un supporto concreto, un assistente virtuale capace di fornire spunti e indicazioni utili a modelli consulenziali già strutturati. Restano però due punti cruciali. Il primo è il limite relazionale: ChatGPT non ha empatia né sensibilità, elementi che solo il consulente può portare nella relazione con il cliente. Il secondo riguarda l’etica: l’algoritmo tende a privilegiare la scelta più razionale, orientata alla massimizzazione del profitto. Tuttavia, non sempre ciò che è razionale sul piano teorico corrisponde all’interesse reale del cliente. Un ulteriore nodo è il “fai da te”. L’uso diretto di ChatGPT può generare overconfidence: da un lato eccessiva fiducia nello strumento, che non è infallibile, come ricorda lo stesso Altman, dall’altro un senso di autosufficienza che porta a prescindere dal confronto con il professionista, senza considerare anche i possibili rischi legali a carico del provider della tecnologia. La risposta passa dall’educazione finanziaria, per aiutare i cittadini a usare al meglio questi strumenti. Infine, due riflessioni di sistema. Primo: l’impatto sull’occupazione, soprattutto nelle funzioni più analitiche. Secondo: il modello di lavoro. Dopo anni in cui i consulenti hanno faticosamente avviato un percorso di collaborazione in team, c’è il rischio che ChatGPT riporti indietro le lancette, verso il passato del consulente “battitore libero”. Una regressione che ridurrebbe la ricchezza di conoscenze condivise, proprio quando la complessità dei mercati richiederebbe invece un lavoro di squadra.

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