Small cap: opportunità da sfruttare o trappola di valore?

Il cosiddetto “premio small cap”, ossia la presunta sovraperformance delle aziende a bassa capitalizzazione, sembra essersi dissolto, trasformandosi in uno sconto strutturale. “Il premio delle small cap si è giustamente trasformato in uno sconto”, affermano gli analisti di Alpine Macro, dopo “il più violento ciclo di sottoperformance di una generazione”.

Anche durante la crisi del tech nel 2022, che avrebbe potuto rappresentare un’opportunità, le small cap hanno fallito nell’offrire un’alternativa vincente.

Cambiamenti composizionali e dinamiche settoriali

Il declino non si spiega soltanto con la crescita degli utili. “È una semplificazione eccessiva attribuire la sottoperformance delle small cap alla crescita deludente degli utili”, sottolineano gli analisti, indicando che “lo spostamento della composizione settoriale ha avuto un impatto più forte”.

Dal 2010 in poi, le large cap hanno beneficiato di una crescente esposizione a settori ad alta crescita come tecnologia, comunicazioni e consumo discrezionale, mentre l’indice S&P 600 Small Cap è rimasto statico. Il risultato? “Il vantaggio nei margini di profitto per le large cap nel settore industriale è raddoppiato dal 2,6% al 5,2% dal 2010”, osservano gli esperti di Alpine Macro.

La traettoria delle small cap negli ultimi anni

Alpine Macro descrive la traiettoria delle small cap in quattro regimi macroeconomici distinti:

  • DotCom Mania (1996–2000): le Small Cap hanno sovraperformato con un incremento degli utili del 360%.
  • Pre-GFC (2001–2007): forte spinta grazie alla reflazione e alla debolezza del dollaro.
  • Financial Repression (2010–2018): perdita di slancio a vantaggio dei colossi tecnologici.
  • Post-Pandemia (2021–oggi): declino secolare aggravato dalla crisi bancaria regionale del 2023.

Crescita e liquidità: le due chiavi di volta

Per Alpine Macro, la possibilità di un rilancio dipende da due fattori fondamentali: crescita e liquidità. La crescita e la liquidità contano di più per le small cap”, afferma Nick Giorgi, Chief Equity Strategist, di Alpine Macro, sottolineando che la loro struttura di costi, la maggiore esposizione al mercato domestico e la leva finanziaria le rendono più vulnerabili ai cicli economici.

Sul fronte della liquidità, il problema è evidente: “Dal 2015, la percentuale dell’EBITDA erosa dalle spese per interessi per le small cap non finanziarie è salita dal 13% al 21%, mentre per le large cap è rimasta all’8%”.

Il rischio percepito e l’esodo di capitali

Oltre alle fondamenta economiche, pesa anche il sentiment del mercato; “Il flusso di capitale si è spostato con decisione dalle small cap verso le large cap dopo la crisi bancaria del 2023”, osservano gli analisti diAlpine Macro, evidenziando il peggioramento della percezione del rischio.

Cosa fare con le small cap?

Secondo Alpine Macro, non è ancora il momento giusto per sovrappesare le small cap: “È troppo presto per andare sulle small cap”, scrive Nick Giorgi, consigliando un approccio attivo che favorisca “aziende redditizie, di qualità e con alta momentum”.
Nel report si menzionano anche strategie di smart-beta per massimizzare i rendimenti, tra cui evitare titoli non profittevoli, puntare sulla qualità e cavalcare il momentum. Queste ultime due strategie hanno generato “sostanziali ritorni in eccesso”, come evidenziano i dati storici.

In sintesi

Le small cap potrebbero ancora riservare sorprese, ma “la performance andrà tanto lontano quanto lo permetteranno crescita e liquidità”. Per ora, Alpine Macro raccomanda cautela, suggerendo eventualmente di preferire le mid cap come scelta tattica. Conclude il team di Alpine Macro, “la riduzione dell’incertezza politica e un calo dei rendimenti obbligazionari sono i catalizzatori più evidenti per un ritorno delle small cap ”.

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