Azionario globale: venti favorevoli per India, Argentina, Europa e Giappone

L’universo dei mercati azionari sta vivendo un’importante fase di ampliamento, una dinamica che era già in corso prima dell’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti, ma che le politiche commerciali della sua amministrazione hanno contribuito ad accelerare. A dirlo sono Josh Nelson, Head of Global Equity, e Scott Berg, Portfolio Manager Global Equity, di T. Rowe Price, che evidenziano come questo ampliamento riguarderà non solo il mercato statunitense, ma anche quello globale.

Secondo Nelson e Berg, “sta tornando un ambiente in cui possono funzionare più settori e regioni, e che richiede quindi diversificazione, favorendo la gestione attiva”. Questo nuovo scenario è già visibile nell’andamento dei mercati: “molti mercati azionari hanno sovraperformato i mercati statunitensi quest’anno e questa tendenza dovrebbe continuare nella seconda metà del 2025“.

Nonostante il programma di riduzione delle tasse e di deregolamentazione negli Stati Uniti, che offrirà una spinta all’economia domestica, “nel breve periodo sarà probabilmente bilanciata dall’incertezza sui dazi e sul loro impatto sui consumi e sulle imprese statunitensi”.

Una delle trasformazioni più significative riguarda la leadership del mercato azionario statunitense. Dopo anni di dominio delle cosiddette “Magnifiche Sette” — il gruppo di grandi titoli tecnologici che ha trainato l’S&P 500 — sembra aprirsi una nuova fase, in cui a emergere saranno “una più ampia porzione di titoli”. In particolare, “il differenziale di crescita degli utili tra i titoli tecnologici e il resto dell’S&P 500 si è ridotto e ci aspettiamo che continui a ridursi”. L’innovazione nell’intelligenza artificiale, un tempo appannaggio di pochi giganti, sta ora emergendo anche in start-up come la cinese DeepSeek, dimostrando che “non è più concentrata in un piccolo gruppo di società che capitalizzano circa mille miliardi di dollari”.

In questo contesto di inflazione statunitense più elevata e persistente, i titoli value — tradizionalmente più performanti in contesti inflazionistici — sono destinati a tornare protagonisti. Settori come energia, materiali e industriali hanno infatti storicamente mostrato buone performance durante i periodi di inflazione.

Mercati emergenti: India e Argentina in evidenza

Per quanto riguarda la diversificazione geografica, le opportunità più interessanti si trovano nei mercati emergenti. In particolare, “l’India sembra ben posizionata” grazie a una crescita economica sostenuta, riforme strutturali e investimenti guidati dal primo ministro Narendra Modi. L’economia indiana, “guidata dai consumi interni, è più isolata dalla volatilità legata ai dazi rispetto a molti dei suoi concorrenti” e dispone di una massa critica sufficiente in termini di dimensioni economiche e infrastrutturali per proseguire nel suo percorso di crescita.

Anche l’Argentina cattura l’attenzione, grazie alle riforme del presidente Javier Milei e al supporto del Fondo Monetario Internazionale, che ha concesso un prestito da 20 miliardi di dollari. Secondo gli esperti di T. Rowe Price, “il premio per il rischio associato ai titoli argentini fa sì che questi rimangano valutati in modo interessante, offrendo sconti rispetto ad alcuni dei loro omologhi regionali”.

Positiva anche la prospettiva per titoli indonesiani e sauditi, mentre Paesi come il Vietnam potrebbero soffrire le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Europa e Giappone: opportunità e sfide

Al di fuori dei mercati emergenti, l’Europa ha sovraperformato gli Stati Uniti in questo anno, con valutazioni più contenute e potenziali benefici da un possibile taglio dei tassi da parte della BCE. “La decisione della Germania di porre fine al suo lungo freno al debito permetterà di aumentare gli investimenti e la spesa per la difesa”, mentre l’Unione Europea potrebbe essere spinta a nuove riforme a fronte delle tensioni commerciali con Washington.

Un punto di attenzione rimane però la volatilità legata ai dazi, come dimostrato dal recente episodio degli Stati Uniti che hanno imposto e poi sospeso un’aliquota del 50% sui prodotti alimentari europei, “una situazione fluida che potrebbe portare ulteriore volatilità sia per i titoli statunitensi sia per quelli europei”.

Infine, il Giappone, pur avendo sofferto maggiormente a causa delle tensioni commerciali, presenta titoli “sottovalutati rispetto agli standard storici e ai peer globali”. Tra i fattori di supporto vi sono “un solido settore societario, alti tassi di risparmio, riforme di corporate governance in corso e il ritorno di un’inflazione positiva”, oltre alla possibilità di un accordo commerciale favorevole con gli Stati Uniti.

Concludono Nelson e Berg che “man mano che la leadership del mercato azionario diventa meno concentrata, il mix di opportunità si amplierà probabilmente tra i vari settori e paesi”. Per navigare con successo questo scenario, “sarà necessario diversificare e concentrarsi nuovamente sull’individuazione di società di alta qualità”. Un mercato più ampio “offre maggiori opportunità, ma comporta anche un rischio aggiuntivo”.

 

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