Il risparmio privato è il motore della ripresa

Simona Maggi

Un’economia si mantiene su un sentiero di crescita stabile se le imprese sono in grado di investire per fare evolvere rapidamente i propri modelli di attività in funzione dei cambiamenti nella domanda, nella tecnologia e nella disponibilità di risorse.  In Italia tale capacità si è progressivamente ridotta. Le fonti ufficiali mostrano che a partire dal 2008 gli investimenti hanno subito un calo del 30%, rimanendo largamente inferiori al livello pre-crisi fino all’arrivo della pandemia.

 

Cresce il rischio insolvenza

La crisi collegata al Covid 19 ha poi aumentato il rischio di insolvenza delle imprese. Il Fondo monetario internazionale stima che, nonostante l’avvio della ripresa, l’incremento del rischio di insolvenza cumulato nel biennio 2020-2021 (individuato nella presenza di patrimonio netto negativo o di una situazione di crisi di liquidità) potrebbe essere pari al doppio di quello determinatosi nei 5 anni successivi alla crisi del 2008.

“Dobbiamo evitare quanto avvenne sulla scia della crisi precedente quando gli investimenti diminuirono fino a toccare lo zero”, ricorda il commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni. “Questa volta non possiamo permetterci un calo degli investimenti. Il problema è particolarmente d’attualità perché vi è l’urgenza di finanziare la transizione digitale e verde, oltre che riparare i danni economici provocati dalla pandemia” (Il Sole 24 Ore).

 

Il nodo della liquidità

Un fattore essenziale per gli investimenti continua a essere la disponibilità di risorse finanziarie per le imprese, adeguate in quantità e qualità. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco (“La finanza d’impresa in Italia”) ricorda che “Per fornire liquidità all’economia le banche commerciali operano con un elevato grado di leva e i loro bilanci si caratterizzano per una durata del passivo più breve di quella dell’attivo. La capacità di assorbire rischi è quindi limitata, e con essa la possibilità di finanziare gli investimenti più innovativi, quelli a più lungo termine e quelli in beni intangibili. I mercati finanziari e gli intermediari specializzati consentono invece di frazionare le grandi esposizioni tra un numero elevato di investitori, facilitando l’offerta di capitale di rischio e favorendo, per questa via, il rafforzamento patrimoniale delle imprese”

Si tratta di una sfida condivisa con il resto dell’Europa continentale, ma più acuta nel nostro Paese date le peculiarità della nostra struttura produttiva e del sistema finanziario.

 

Ossigeno per le Pmi

L’attenzione dell’asset management e della consulenza finanziaria converge allora sull’importanza di una politica pubblica volta a ridurre il rischio di insolvenza delle Pmi attraverso un sostegno per la loro ricapitalizzazione tramite un’iniezione di finanziamenti aggiuntivi. Obiettivo condiviso diventa quindi rimuovere le criticità ancora in essere per poter vedere crescere nel Paese i finanziamenti di lungo termine assimilabili a capitali propri dell’impresa. Dove necessario, anche introducendo nel mercato italiano forme nuove di quasi-equity già presenti in altre piazze finanziarie e apprezzate dagli imprenditori più restii alla diversificazione delle fonti di finanziamento per paura degli effetti sulla governance della loro azienda.

D’altro canto, nonostante l’incertezza dell’attuale contesto economico e sociale, le famiglie private sono ampiamente consapevoli che il loro benessere è legato allo stato di salute del Paese e restano disponibili a introdurre forme alternative d’investimento nei loro portafogli finanziari, naturalmente a condizione che la loro scelta contribuisca a garantire un impatto positivo.

 

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