Incentivi all’esodo dei dipendenti. Ecco le sanzioni

Vittorio Provera* *Trifirò & Partners Avvocati

 

Il tema della pattuizione di importanti incentivi per dirigenti di elevato profilo, specialmente in fase di cessazione del rapporto, è oggetto di una certa attenzione ad opera di Banca d’Italia e di organismi di vigilanza delle società quotate. Con recente decisione n. 17567/2022, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità delle sanzioni comminate da Banca d’Italia verso un amministratore di un importante istituto di credito per violazione delle norme riguardanti le politiche e prassi di remunerazione. La sanzione era conseguente a un accordo stipulato tra la banca e un suo top manager in sede di risoluzione del rapporto con quest’ultimo.

 

Perimetro definito

In base all’intesa, pur in presenza di risultati negativi conseguiti dalla gestione, era prevista la liquidazione di un’ingente somma senza la pattuizione di strumenti di correzione ex post, claw back o sistemi di pagamento differito, né altro collegamento con i risultati raggiunti. Tale riconoscimento era, peraltro, in aggiunta a quanto previsto come trattamento retributivo di fine rapporto dalle disposizioni di legge e dal contratto collettivo di lavoro per i dirigenti di azienda del credito. La Corte, al fine di confermare la legittimità della sanzione, ha ritenuto che l’intesa costituisce violazione dell’art. 53, comma 1 Lett. d) del Testo Unico Bancario (Tub) – che consente a Banca d’Italia di emanare disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto fra l’altro i sistemi di remunerazione e di incentivazione per gli esponenti aziendali di vertice – nonché dei provvedimenti conseguenti della stessa Banca d’Italia, anche in esecuzione della Direttiva 2010/76 UE.

 

Vincoli per la buonuscita

In sede di motivazione si è precisato le disposizioni regolamentari adottate da Banca d’Italia possono considerarsi integrative dei contratti collettivi di lavoro e che detto compenso aggiuntivo, erogato a titolo di incentivo con le caratteristiche sopra indicate, non rispetta quanto previsto dalle citate norme, che hanno la finalità di legare i compensi pattuiti, in caso di conclusione anticipata, alla performance di gestione e del rischio assunto. Quanto precede al fine di evitare che la banca “per reperire le somme occorrenti a detto compenso possa adoperare le somme a qualunque titolo affidate ai risparmiatori, oppure il patrimonio di vigilanza della Banca stessa”. Da ultimo si segnala che la sentenza ha altresì rilevato il contrasto con le citate norme della clausola, presente nell’intesa, con cui si teneva indenne il top manager da responsabilità e azioni di terzi. Occorre dunque porre la dovuta attenzione, in tali operazioni, alle previsioni regolamentari in materia.

 

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