Il 2026 si profila come un anno in cui gli shock strutturali si intrecciano con dinamiche politiche cicliche. A sostenerlo è Laura Cooper, Head of Macro Credit di Nuveen, che osserva come “l’era del dominio delle politiche monetarie stia cedendo il passo a un’epoca in cui le leve fiscali, le priorità delle agende politiche e le rivoluzioni in campo produttivo guidano il contesto macroeconomico”. Secondo Cooper, i Governi stanno adottando programmi di spesa senza precedenti, mentre le banche centrali giocano un ruolo sempre più marginale.
Il superciclo dell’IA e il ritorno della produttività
L’intelligenza artificiale si sta spostando dalla fase dell’entusiasmo a quella dell’implementazione concreta. Settori produttivi, commercio globale, domanda energetica e margini aziendali stanno diventando sempre più dipendenti dalla tecnologia.
Cooper sottolinea come “gli investimenti nell’intelligenza artificiale stiano passando dalla fase di hype a quella di esecuzione”, con effetti che si stanno estendendo oltre le grandi società tecnologiche. La diffusione più ampia dell’adozione potrebbe innalzare il potenziale di crescita globale di 0,3-0,5 punti percentuali nel medio termine.
Sul fronte degli investimenti, l’esperta ribadisce la necessità di mantenere un’esposizione selettiva ai titoli legati all’ecosistema dell’IA e alle infrastrutture energetiche, diversificando tra regioni e catene di approvvigionamento e monitorando con attenzione la concentrazione delle valutazioni.
Usa: crescita resiliente, ma sotto il peso della politica fiscale
Gli Stati Uniti si avviano al 2026 con un’economia più resiliente rispetto ai partner globali, grazie a consumi forti, incentivi all’industria e investimenti nell’IA. Ma questa solidità ha un rovescio della medaglia.
“La stessa generosità fiscale che alimenta la resilienza sta anche contribuendo a creare squilibri”, afferma Cooper. Con le elezioni di metà mandato, Washington privilegerà la spesa rispetto al consolidamento dei conti pubblici. Il dibattito, infatti, si sta spostando dalla crescita alla sostenibilità del debito.
In questo contesto, la strategia di investimento rimane prudente: cautela sulla duration, con la Fed orientata verso tagli dei tassi al 3,25%; preferenza per il credito di alta qualità collegato a infrastrutture e tecnologia; attenzione alle fasi di volatilità che potrebbero emergere quando i mercati torneranno a concentrarsi sui rischi fiscali.
Europa: la Germania accende la spinta fiscale
Se gli Stati Uniti devono confrontarsi con i rischi di un eccesso fiscale, l’Europa vive un risveglio trainato dalla Germania, che ha avviato il più grande programma di investimenti dalla riunificazione: 800 miliardi entro il 2029, pari al 20% del PIL.
“I mercati sembrano sottovalutare la velocità di implementazione e l’effetto moltiplicatore”, osserva Cooper. Le prime evidenze arrivano già dal settore della difesa, mentre gli investimenti nelle infrastrutture dovrebbero accelerare fino al 2026, sostenuti anche dal ritardato impiego dei fondi Next Generation EU nella periferia europea.
Le ricadute positive sono attese in tutta l’area euro, con l’Italia in prima linea grazie all’integrazione delle catene di approvvigionamento e all’impulso alle riforme. La BCE, nel frattempo, mantiene un orientamento cautamente restrittivo, con possibili rialzi dei tassi fino al 2,25% nella seconda metà del prossimo anno.
In questo scenario, Nuveen vede opportunità nei titoli di Stato periferici rispetto a quelli core, preferenze per una duration corta sull’euro e un posizionamento per un leggero irripidimento della curva dei rendimenti. L’EUR/USD, secondo Cooper, potrebbe salire verso 1,23 entro fine 2026 sostenuto dall’espansione fiscale.
2026: un mondo guidato dalla politica fiscale
L’analisi di Cooper converge verso un punto chiave: “In tutte le principali regioni è ora la politica fiscale, e non quella monetaria, a definire il ciclo macroeconomico”. L’inflazione sta rientrando, ma in modo disomogeneo; le strategie fiscali divergono e i cicli politici hanno un impatto crescente sui mercati.
L’economia globale entra così in un’era di dispersione strutturale, in cui non esiste più una traiettoria sincronizzata. “Il 2026 metterà alla prova gli investitori, che dovranno pensare in modo diverso alla politica, alla volatilità e alla disciplina fiscale”, conclude Cooper.