Mercati: Bitcoin ora utilizzato anche per pagare gli stipendi

Fino a qualche anno fa il Bitcoin e le altre criptovalute venivano considerate monete virtuali preferite da criminali che sfruttavano gli alti livelli di privacy offerti da questi sistemi per rendere difficile rintracciare qualsiasi transazione, ma oggi sembrano essere diventate un metodo di pagamento e di investimento sempre più utilizzato anche per pagare i salari, come riportato da Cryptonomist.ch.

Se lo stipendio arriva in Bitcoin

Le imprese non hanno impiegato molto tempo ad interessarsi a questo nuovo mezzo valutandone la possibilità di usare le crypto per pagare lo stipendio dei propri dipendenti.

Già nel 2018 l’azienda giapponese GMO Internet Group ha consentito a 4000 dei suoi dipendenti di ricevere non oltre 100 mila yen di retribuzione in Bitcoin, corrispondenti a circa 750 uero.

Come pagare in Bitcoin

Nel 2021 sono ormai molte le società che lavorano nel settore della crittografia e della tecnologia blockchain e che offrono questo genere di servizio. Nel mondo del lavoro dei liberi professionisti stanno nascendo anche delle piattaforme, come Ethlance e Bitwage, che permettono di lavorare ed essere pagati utilizzando valuta criptata. In tutto il mondo le normative si stanno adeguando a questo cambiamento tecnologico e alla continua crescita di popolarità degli asset digitali.

Ci sono diverse soluzioni per le aziende che decidono di seguire la scia dell’innovazione e proporre ai propri dipendenti soluzioni di pagamento in criptovalute, ma si parla spesso solo di retribuzioni parziali del salario non integrali e richieste dal dipendente stesso.

Pro e contro dei salari in Bitcoin

Uno stipendio in Bitcoin è molto diverso da quello in fiat. Si possono individuare diversi vantaggi e svantaggi in relazione all’uso delle crypto come parte dello stipendio di un lavoratore.

Non essendo ancora diffuso il pagamento tramite crypto in tutti i ristoranti, negozi o altri generi di attività, richiedere un intero stipendio in bitcoin risulterebbe difficile da gestire soprattutto negli acquisti o nel pagamento delle imposte, anche se la famosa famiglia di Didi Tahiti lo fa da anni girando in tutto il mondo. È sempre meno difficile ad esempio spendere le proprie crypto grazie a carte di debito come Eidoo. Si potrebbero immediatamente convertire in fiat o stablecoin anche per non essere soggetto alla volatilità che per esempio ha Bitcoin.

Le tasse per le criptovalute

Un altro tassello è la regolamentazione. Bisogna ricordare che ogni paese ha una sua regolamentazione del mercato del lavoro e delle tasse che si applicano al reddito.

In Spagna dove le crypto non hanno corso legale e non possono essere riconosciute come denaro, lo stipendio liquidato attraverso l’utilizzo di questo mezzo di pagamento deve seguire alcune regole:

  • Non può essere concesso per una quantità superiore al 30 % del totale del salario del dipendente;
  • Deve necessariamente sussistere un preventivo accordo tra datore di lavoro e lavoratore;
  • Il lavoratore deve essere iscritto alla Seguridad Social e deve versare le ritenute IRPEF, facendo riferimento alla normativa che regola le stock options: quindi, si considera che la base imponibile è il prezzo di mercato nel momento in cui la retribuzione viene elargita.

Nel Regno Unito invece dal punto di vista fiscale, l’ufficio contabilità delle aziende che vogliono adottare questo metodo, elabora tutto in sterline inglesi, successivamente converte la quantità richiesta di sterline in BTC per effettuare i pagamenti degli stipendi.

La parte fiscale dipende dal paese e non ci sono molti posti dove si può ottenere uno stipendio ufficiale in BTC, come in Nuova Zelanda o in El Salvador dove alcune crypto hanno corso legale.

A Rovereto abbiamo un originale esempio di azienda made in Italy che accetta pagamenti dai clienti e retribuisce i dipendenti con Bitcoin. Il bar “Mani al cielo” da circa tre anni paga in bitcoin alcuni fornitori e dà ai dipendenti la possibilità di incassare una percentuale, a loro scelta, dello stipendio in Bitcoin.

La volatilità delle criptovalute

Ultima e forse più importante motivazione per la diffidenza verso le criptovalute è la loro volatilità. Ai dipendenti non piace ricevere come corrispettivo per il proprio lavoro $ 100 e osservare la somma che, a causa di un crollo del valore della valuta, si riduce a $ 80.

A differenza di altri mercati che hanno una prevedibilità maggiore, quello delle criptovalute sembra essere ancora imprevedibile e proprio per questo motivo molti esperti propongono l’utilizzo delle stablecoin per le retribuzioni salariali.

Ancorate ad un altro asset finanziario, le stablecoin non soffrono il problema della volatilità: parecchi lavoratori preferiscono ricevere parte dello stipendio in Tether (USDT) sia perché non vedranno diminuire il valore sia perché una transazione USDT è più veloce di un comune bonifico bancario.

Questo tipo di retribuzione puó costituire un vantaggio per quelle imprese che non dispongono di liquiditá in un determinato momento ma, se dovesse diventare popolare, potrebbe iniziare a svilupparsi nei Paesi con una valuta fiat locale altamente volatile, o tra le aziende con retribuzioni transfrontaliere che fanno parte della cosiddetta gig economy.

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