Rally azionario e occupazione debole: il paradosso del 2025

Wall Street festeggia con nuovi top il primo taglio dei tassi da nove mesi a questa parte deciso dalla Fed. L’istituto guidato da Jerome Powell ha ridotto di un quarto di punto percentuale il costo del denaro, alimentando l’ottimismo degli operatori, che scommettono su altre due possibili riduzioni entro la fine dell’anno.

«Le azioni statunitensi hanno raggiunto nuovi massimi storici dopo il taglio della Fed, e l’esuberanza non riguarda soltanto i Magnifici Sette e i colossi tecnologici a grande capitalizzazione», osserva Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim. «Anche l’S&P 600 si sta avvicinando ai massimi, mentre le small cap beneficiano del contesto di tassi più bassi. Attualmente i mercati scontano una probabilità del 91% di un nuovo taglio a ottobre».

Secondo Bloomberg, oltre il 22% delle società dell’S&P 500 che hanno fornito indicazioni sul terzo trimestre si aspetta di superare le stime degli analisti, il dato più alto da un anno a questa parte. A contribuire al clima di fiducia anche la notizia che la Sec rivedrà le regole di trasparenza per le società quotate e l’appello del presidente Donald Trump per passare a una rendicontazione obbligatoria limitata al semestre.

Ma non è tutto oro quel che luccica. «Mentre il mercato azionario trae vantaggio dall’ultima riunione della Fed, il mercato del lavoro si muove nella direzione opposta», avverte Tognoli. «Il 2025 assomiglia a un contesto di pochi licenziamenti ma anche poche assunzioni, segno di un’incertezza diffusa».

L’occupazione soffre infatti un rallentamento della domanda di lavoratori, aggravato dai dazi sulle importazioni e dalle politiche migratorie più restrittive. Powell, a Jackson Hole, ha parlato di un “equilibrio curioso” in cui offerta e domanda di talenti diminuiscono contemporaneamente. «Questo suggerisce che i rischi al ribasso per l’occupazione stanno aumentando, e se si materializzano potrebbero farlo rapidamente», sottolinea Tognoli.

Anche sul fronte inflazione resta grande incertezza. Il PCE core è da mesi bloccato tra il 2,6% e il 3,1% e, come ha ricordato il presidente della Fed di Minneapolis Neel Kashkari, la vera domanda è quale parte del duplice mandato della Fed sia più a rischio: la stabilità dei prezzi o la piena occupazione. «Ridurre i tassi per stimolare il lavoro richiede tempo», chiarisce Tognoli. «Se le imprese non vedono prospettive di crescita della domanda, non investono né in capitale né in occupazione, anche con tassi più bassi».

In questo contesto, la Fed si muove su un crinale delicato. Powell continua a ribadire che l’istituto deve evitare che una variazione una tantum dei prezzi si trasformi in inflazione persistente. Ma il rischio, oggi, è bilaterale: indebolire troppo il lavoro o lasciare correre i prezzi.

Per gli investitori, la via rimane una sola: «Mantenere un approccio costante, con una fede incrollabile nella diversificazione – conclude Tognoli – con portafogli bilanciati, in grado di rispondere ai diversi fattori di crescita, restano la migliore garanzia per mitigare i rischi e cogliere nuove opportunità».

 

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