Banchieri in Europa, una poltrona che scotta

Il 2020 sarà ricordato come un anno rivoluzionario, in primis per come l’emergenza epidemiologica ha stravolto le nostre vite e ha indotto la società a rivedere i propri schemi.

Anche a livello finanziario le trasformazioni sono state notevoli e tra queste spicca l’ingente ribaltone all’interno delle banche europee. Come riporta un articolo del Sole 24 Ore a firma Alessandro Graziani, questo anni si è contraddistinto per i numerosi cambi al vertice (mai così tanti) da parte degli otto maggiori istituti europei. 

Partiamo dalla banca tedesca Commerzbank, dove i grandi fondi azionisti Usa guidati da Cerberus hanno costretto alle dimissioni sia il presidente Stefan Schmittmann che l’amministratore delegato Martin Zielke perché i due top manager si rifiutavano di incrementare il piano di taglio dei costi con conseguente riduzione del personale e delle filiali.

Ma il cambio ai vertici, come abbiamo detto all’inizio, ha riguardato diversi istituti del Vecchio Continente: i vertici delle due maggiori banche olandesi, Abn Amro e Ing, delle due svizzere, Ubs e Credit Suisse, di due colossi britannici Hsbc e Lloyds Bank e della francese Natixis.

E se si pensa che si sia giunti a tali cambi di poltrona a causa dell’esplosione della crisi indotta dalla pandemia del Covid 19, come afferma Il Sole 24 Ore, il fenomeno sembra avere però radici ben più profonde, dalla crisi di redditività del settore alla conseguente insoddisfazione degli azionisti.

Commerzbank è infatti da anni alle prese “con un complesso piano di ristrutturazione, e presidente e ceo si sono dovuti arrendere al pressing degli investitori delusi dalla bassa redditività. I vertici avevano pianificato il taglio di 4.000 dipendenti entro il 2023 ipotizzando così di poter cogliere a fine piano un Roe del 4 per cento. Troppo poco, a giudizio degli azionisti che hanno chiesto – anche a seguito della crisi innescata dal Covid – di aumentare gli esuberi a 10.000 unità e di tagliare quasi la metà delle 1.000 filiali di Commerzbank in Germania”.

Analoghe motivazioni anche alla base del cambio di vertice della banca olandese Abn Amro, che ha chiuso in perdita per 400 milioni il primo semestre. In primavera il board ha deciso di sostituire il ceo Kees van Dijkhuizen con Robert Swaak che ha subito cambiato strategia e ha ridimensionato le attività di corporate e investment banking, chiudendo in Asia e Usa, e tagliando 800 dei 2.500 dipendenti della divisione”.

Hsbc a inizio anno ha annunciato “un piano di 35.000 esuberi a livello globale e che ha chiuso il primo semestre del 2020 con un crollo del 77% dei profitti e ora Noel Quinn, nuovo ceo nominato a marzo è atteso al varco del piano di tagli mentre crescono le richieste degli investitori per un break up delle attività Usa della banca”.

“Cambio del top management anche per Lloyds Bank, che ha annunciato l’uscita a fine anno del ceo António Horta-Osório dopo avere azzerato i profitti nel primo semestre dell’anno.” E qualcuno vocifera anche un probabile cambio al vertice di Barclays, anche se finora sono state smentite.

Passando in Francia, dove “le perdite sulle attività finanziarie in derivati sono costate il posto al ceo di Natixis Francois Riahi”, mentre per quanto riguarda i vertici delle due grandi banche svizzere, Credit Suisse e Ubs, “il rallentamento della redditività si è fatto sentire anche se le ragioni del ricambio sono un po’ diverse e legate più a fattori specifici di governance che hanno coinvolto anche i due chairman”, dichiara l’articolo.

 

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