Investimenti, attenzione: l’economia Usa è di fronte a un bivio

L’economia statunitense si trova a un crocevia strategico. Tra l’inflazione persistente, le tensioni commerciali e una fiducia ancora cauta nella crescita futura, il contesto macroeconomico è in piena trasformazione. Secondo Blerina Uruci, Chief US Economist presso T. Rowe Price, “le scelte compiute oggi potrebbero determinare la traiettoria economica dei prossimi anni”.

L’inflazione

Il tema più pressante resta l’inflazione. “Nei prossimi trimestri l’inflazione potrebbe superare il 4% su base annua”, osserva Uruci, sottolineando che l’aumento dei tassi potrebbe arrivare fino a 150 punti base. Tra i fattori più influenti c’è il ritorno dei dazi doganali: un cambio di rotta attribuito in larga parte all’eredità della politica commerciale dell’amministrazione Trump.

Con il passaggio da aliquote medie del 2,5% a stime comprese tra il 10% e il 20%, l’impatto sarà significativo. “Stimiamo che i consumatori potrebbero assorbire il 50% o più di questi aumenti”, aggiunge Uruci. I dazi diventano così non solo uno strumento fiscale, ma anche geopolitico, utilizzato per ridurre la dipendenza economica dalla Cina e ridisegnare i flussi del commercio globale.

Un mercato del lavoro resiliente, ma non immune

Nonostante le pressioni inflazionistiche, il mercato del lavoro statunitense si mostra ancora sorprendentemente solido. “I tassi di partecipazione hanno superato i livelli pre-pandemia e la creazione di posti di lavoro resta stabile, con una media di 150.000 nuovi posti negli ultimi tre mesi”, spiega Uruci. Settori come sanità, istruzione e hospitality stanno guidando la domanda di lavoro.

Anche i licenziamenti restano contenuti: “I datori di lavoro sono riluttanti a perdere personale conquistato con difficoltà durante la pandemia”, afferma l’economista. Tuttavia, ci sono segnali da non trascurare: l’aumento dei tagli nel settore pubblico e dei servizi, un calo nel rapporto tra chi lascia volontariamente il lavoro e chi viene licenziato, e una diminuzione della fiducia da parte delle piccole imprese. “Questi elementi suggeriscono una crescente cautela tra i lavoratori e gli imprenditori”, sottolinea Uruci.

Politica fiscale: in arrivo nuovi stimoli?

Sul fronte fiscale, gli occhi sono puntati sul Congresso. “Un nuovo pacchetto di stimoli potrebbe essere annunciato prima della pausa estiva”, anticipa Uruci. Il provvedimento potrebbe includere crediti d’imposta per le famiglie a reddito medio e incentivi retroattivi per gli investimenti aziendali. Si tratterebbe di una spinta potenzialmente importante alla fiducia e alla spesa nel breve termine.

Intanto, la Fed mantiene un approccio attendista. I tassi di interesse restano fermi tra il 4,25% e il 4,5%, e la Fed appare concentrata sull’ottenere segnali concreti di disinflazione prima di modificare la propria politica monetaria. “I mercati sperano in un taglio dei tassi, ma i responsabili politici preferiscono dare priorità alla stabilità di lungo periodo”, chiarisce Uruci.

Mercati in transizione e il ripensamento dell’eccezionalità  Usa

Il panorama finanziario riflette queste tensioni e trasformazioni. Il concetto di “eccezionalità statunitense”, costruito su un mix di consumi robusti, dinamismo occupazionale e politica fiscale espansiva, viene messo in discussione. “Con altre economie che iniziano a colmare il divario di crescita, anche il dollaro americano è nuovamente sotto pressione”, spiega Uruci.

A complicare il quadro c’è il rialzo dei rendimenti dei Treasury, spinti da un aumento del premio a termine legato all’incertezza su inflazione e sostenibilità fiscale. Anche questo è un segnale che i mercati stanno riconsiderando le fondamenta della crescita americana.

Uno sguardo al 2026: cauto ottimismo e incognite globali

Guardando al futuro, lo scenario per il 2026 si tinge di cauto ottimismo. Secondo Uruci, “il sostegno fiscale, la stabilizzazione del mercato del lavoro e condizioni economiche più normalizzate potrebbero aprire la strada a una ripresa della crescita”. Ma non mancano le incognite: l’impatto a lungo termine dei dazi, un possibile rallentamento dell’occupazione, nuove interruzioni nelle catene di approvvigionamento e l’evoluzione dei rapporti commerciali internazionali.

L’economia statunitense naviga dunque tra rischi e opportunità, in un contesto che richiede decisioni strategiche e una visione di lungo periodo.

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