Tra dazi, riorganizzazione delle catene di fornitura e geopolitica, i mercati emergenti e le azioni asiatiche mostrano una resilienza inattesa. Alex Smith, Head of Equities Investment Specialists – Asia Pacific di Aberdeen Investments, spiega di seguito perché queste asset class restano interessanti per gli investitori.
I dazi di Trump scuotono i mercati, ma l’Asia resiste
L’introduzione dei dazi da parte del presidente Trump in occasione del Liberation Day ha scatenato un’immediata ondata di volatilità sui mercati globali. In particolare, le economie emergenti, da sempre molto esposte al commercio con gli Stati Uniti, sembravano destinate a soffrire. Eppure, la reazione è stata diversa dalle aspettative.
«Molti temevano che le tensioni commerciali penalizzassero duramente i mercati emergenti, tradizionalmente più vulnerabili agli shock esterni», osserva Alex Smith. «Tuttavia, riteniamo che le prospettive per questi mercati restino solide e che non sia il momento di gettare la spugna.»
Il dollaro si indebolisce e gli Usa diventano vulnerabili
L’annuncio delle nuove misure protezionistiche ha avuto effetti trasversali: azioni, obbligazioni e dollaro americano hanno perso terreno. Una dinamica insolita per un’economia sviluppata come quella statunitense.
Secondo Smith, «questa reazione potrebbe essere legata alla dipendenza degli Stati Uniti dai capitali esteri per finanziare il proprio doppio deficit, o agli eccessi politici che caratterizzano questa amministrazione come altre del passato».
La riorganizzazione delle catene di fornitura favorisce l’Asia
Il tentativo statunitense di rilocalizzare la manifattura non appare facilmente realizzabile nel breve termine. La complessità della riorganizzazione produttiva apre infatti spazi competitivi proprio per i Paesi già forti nella manifattura globale.
«Asia e mercati emergenti detengono un vantaggio competitivo difficilmente erodibile in tempi brevi, e forse mai del tutto», sottolinea Smith. «Gran parte della produzione mondiale continuerà a rimanere concentrata in queste aree.»
La Cina resta un pilastro dell’economia globale
Nonostante le sfide, la Cina conserva una posizione dominante in numerosi settori strategici: energie rinnovabili, terre rare, veicoli elettrici, tecnologia e consumi interni.
«La Cina dispone di una solida base industriale e ha dimostrato di avere la capacità e la volontà di investire massicciamente all’estero, rafforzando la sua influenza globale anche mentre gli Stati Uniti cercano di ridurre i legami commerciali», spiega Smith. «Basti pensare che gli americani rischiano persino di dover celebrare il 4 luglio senza fuochi d’artificio, vista la forte dipendenza da importazioni cinesi.»
Le recenti visite del presidente Xi Jinping in Vietnam e Malesia testimoniano l’intensa attività diplomatica di Pechino e la crescente integrazione con l’ASEAN.
Un’economia cinese solida e ben supportata
Anche sul fronte interno, Pechino continua a sostenere la crescita con interventi mirati su commercio, mercato azionario e settore immobiliare. «Con oltre 10.000 miliardi di dollari in depositi bancari privati, la Cina dispone di risorse significative da mobilitare in caso di necessità», afferma Smith. Secondo le previsioni di Aberdeen Global Macro Research, il PIL cinese crescerà del 4,2% nel 2025.
Prospettive di lungo periodo: un nuovo equilibrio globale
Se le prime reazioni ai dazi sono state improntate a shock e incertezza, lo scenario a lungo termine si presenta invece ricco di opportunità per i mercati emergenti.
«La riorganizzazione delle catene di fornitura richiederà anni e ingenti investimenti in conto capitale, molti dei quali continueranno a fluire verso l’Asia e i mercati emergenti», osserva Smith. «Gli Stati Uniti dovranno affrontare sforzi economici notevoli per ricostruire la loro competitività industriale, un obiettivo tutt’altro che scontato.»
In un contesto di progressivo decoupling tra Washington e Pechino, i mercati emergenti potrebbero ritagliarsi un ruolo sempre più centrale nello scacchiere economico internazionale. «L’Asia e gli emergenti sono ben posizionati per trarre vantaggio da questo nuovo scenario globale», conclude Smith.