Deficit/Pil al 2,4% può costare 4 miliardi di maggiori interessi sul debito

Btp, ottimo timing per il Tesoro

Quando si dice l’importanza del timing: nell’ultima asta di titoli di stato di settembre, ieri a poche ore dalla presentazione del Def il Tesoro italiano ha collocato due miliardi di Btp a 5 anni al tasso del 2,03%, in calo rispetto al 2,44% dell’asta precedente, oltre a 2 miliardi di Btp 2028 al tasso del 2,90%, anche in questo caso ben al di sotto del 3,25% precedente. Collocati infine 1,25 miliardi di Ccteu al tasso dell’1,77% (dal 2,3% precedente).

Dopo il Def reazione immediata

L’attesa per il Def ha peraltro indotto gli operatori alla cautela, tanto che il rapporto domanda/offerta (“bid to cover”) si è attestato nel primo caso a 1,42 volte, contro le 2,12 volte dell’asta precedente, e a 1,44 volte (contro 1,37 volte del precedente collocamento) nel secondo caso. Dopo l’annuncio di un accordo per fissare al 2,4% per il triennio 2019/2021 l’obiettivo di deficit/Pil, ben oltre l’1,6% che il ministro Tria aveva concordato con Bruxelles, la reazione del mercato non si è fatta attendere.

Spread in rialzo, quanto peserà?

Stamane lo spread Btp-Bund a 10 anni è infatti rimbalzato al 2,72% (13 punti base più di ieri) e i broker a Piazza Affari parlano di un probabile ritorno in area 3%-3,3% nei prossimi giorni, prima di una stabilizzazione. Quanto rischia di costare dunque il compromesso sul Def agli italiani? Facciamo due calcoli, ricordando come lo spread tra luglio e settembre aveva toccato per due volte minimi attorno al 2,12%-2,13%.

Oneri sul debito possono salire di 4 miliardi

Anche in caso di stabilizzazione del rendimento del Bund tedesco sotto lo 0,5% (stamane oscilla sullo 0,47%) e dunque di un rendimento dei Btp decennali italiani attorno al 3,6%-3,7% (contro un minimo del 2,5%-2 ,6% visto in estate) significherebbe oltre 4 miliardi di maggiori costi sul debito pubblico. Miliardi che andranno a sottrarsi dalle potenziali coperture per le misure di spesa che Lega e M5S continuano a insistere di voler varare a tutti i costi con la prossima legge di bilancio. Così o le misure verranno depotenziate per un importo analogo, o si rischia una manovra correttiva in primavera, salvo che i mercati non si abituino all’idea di una politica fiscale più espansiva.

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